di Alessandro D’Orazio
Dopo qualche mese di apparente oblio tornano ad accendersi le polemiche relative all’approvazione da parte dell’Italia del tanto discusso Meccanismo Europeo di Stabilità. Il MES, nato come un escamotage dei Paesi del Nord per evitare di elargire aiuti economici agli Stati membri più deboli, presenta ad oggi criticità talmente evidenti da non garantire i compiti di pubblica utilità prefissi.
Questo meccanismo, infatti, oltre a rappresentare un’arma devastante nelle mani dei Paesi più ricchi, gode sia di una immunità da ogni forma di processo giudiziario sia dell’inviolabilità di atti e documenti ufficiali prodotti dai suoi membri; caratteristiche queste fortemente limitanti le sembianze di imparzialità che una organizzazione di tal genere dovrebbe in realtà possedere.
Va detto, peraltro, che qualora il governo Conte procedesse alla approvazione di questo accordo, i futuri esecutivi non potranno più sottrarsi dagli impegni presi, vincolando così tutti i cittadini italiani alle severe condizioni imposte dal meccanismo salva Stati.
Nel corso dell’ultimo decennio è emersa sempre più evidente in seno all’Unione Europea una contrapposizione tra gli Stati finanziariamente più forti (Germania e Francia in primis) e quelli invece più deboli (Italia, Spagna e Portogallo).
Le devastanti condizioni imposte alla Grecia hanno definitivamente palesato i confini oltre i quali fosse possibile spingersi pur di far valere i propri interessi economici. Il rischio che l’Italia sta attualmente correndo è perciò notevolissimo: cedere al giogo di Bruxelles sarebbe fatale, ancor più in un momento critico causato dall’emergenza epidemiologica in atto.
In buona sostanza, il progetto di una Europa unita è risultato assai fragile e le ragioni di queste difficoltà sono da imputare essenzialmente a due ragioni. In primo luogo il peso delle elitè finanziarie, responsabili di scelte economicamente discutibili, ha fatto sì che emergessero profonde slabbrature non solo economiche ma anche sociali tra i cittadini dei vari Paesi membri.
In seconda battuta il lapalissiano scollamento dei vari rappresentanti istituzionali dai territori e dalle esigenze concrete dei popoli ha permesso di aggirare una doverosa ed omogenea valorizzazione di tutte le realtà produttive delle regioni europee.
La soluzione? Innanzitutto la formazione di più solide alleanze tra Paesi del sud Europa al fine di creare un nuovo umanesimo mediterraneo da contrapporre all’intesa franco-tedesca. Infine un deciso diniego da parte della politica italiana di scendere a patti con le logiche turbofinanziarie (con buona pace di spread, Mes e troike di turno) di un continente sempre più specchio delle sue contraddizioni.