La mitologia parla ampiamente della famosa camicia di Nesso, cioè di un abito contenente sangue infettato da veleno fatto indossare per uccidere Eracle.
Orbene, passando alla storia attuale, anche la politica odierna presenta un caso da camicia di Nesso.
L’abito – ovviamente inteso in senso metaforico – è rappresentato dall’agire dell’ex-Presidente del Consiglio, Renzi, che rappresenta un motivo di grave insicurezza per il suo stesso partito, che non ha deciso ancora di svestirsene.
È evidente che le progressive uscite di scena di Alfano e di Pisapia non hanno contribuito a rafforzare la posizione di Renzi, il quale è, sempre più, al centro di una vicenda politica tormentata.
Anche la sua polemica con Grasso e Boldrini, rispettivamente seconda e terza carica dello Stato, non lo aiuta in una campagna elettorale, nella quale egli dovrà misurarsi con due grandi avversari: da una parte il populismo di Grillo; dall’altra, la volontà di tornare al Governo da parte di Berlusconi e dei suoi alleati, che si sono dimostrati assai pronti nel mettere da parte ogni elemento di differenza, pur di presentarsi in modo decente alla pubblica opinione, dando l’immagine di una credibile coalizione per il prossimo quinquennio.
Peraltro, l’emorragia di voti, che causerà la nuova formazione di Grasso, non è effettivamente misurabile: certo è che, nei collegi maggioritari, finanche un sol voto può determinare la vittoria, per cui è pleonastico sottolineare che la nuova lista della Sinistra sarà, comunque, un fattore che non aiuterà, invero, l’affermazione del PD.
Inoltre, non può sfuggire il fatto che, in quest’ultimo scorcio di legislatura, alcuni impegni qualificanti con la pubblica opinione nazionale di indirizzo liberale siano saltati.
Soprattutto, la mancata approvazione della legge sullo Ius Soli peserà non poco, visto che, a fronte di molti proclami fatti su questa materia, non sono derivati i risultati, che ci si attendeva e che, nello specifico, avrebbero fatto fare un notevole passo in avanti al Paese in termini di civiltà.
I nodi, ineluttabilmente, vengono sempre al pettine, per cui la resa dei conti, che avvenga prima o dopo il voto del prossimo mese di marzo, determinerà la messa in discussione dell’operato di chi, in modo verticistico, ha diretto il partito negli ultimi quattro anni, determinando una progressiva erosione del consenso ed un allontanamento dall’elettorato progressista, che storicamente si è sempre riconosciuto nelle posizioni del PD, a fronte di una mancata crescita nell’area moderata, che era l’obiettivo di fondo del renzismo e della sua ventilata rottamazione di persone ed idee.
Come si arguisce, quindi, l’abito di Nesso del renzismo calante rischia, per davvero, di cagionare una ferita grave al PD, che, in caso di esito elettorale catastrofico, può in verità giungere al termine, finanche, della sua esperienza di vita decennale.
Forse, qualcuno, che manifesti saggezza, può arrestare il tutto prima che, come nella mitologia, la ferale vendetta di Nesso non si sia consumata?