La Caraluce delle parole – Intervista al poeta Franco Arminio

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di Mariavittoria Picone

Qualche giorno fa, ho incontrato a Napoli il poeta Franco Arminio, celebre fondatore della Casa della Paesologia. Da anni, Arminio si sposta per l’Italia, in cerca di luoghi “abbandonati” che, con delicata curiosità, visita e racconta. Lo scopo è quello di valorizzare i territori interessati dallo spopolamento, missione che il poeta di Bisaccia porta avanti con grande passione.

Da un anno, inoltre, Franco Arminio conduce, assieme alla giornalista Greta Mauro e al poeta Davide Rondoni, il programma televisivo “La Biblioteca dei sentimenti”, che va in onda su RaiTre il sabato pomeriggio.

A febbraio è uscita l’ultima sua creatura letteraria, “Caraluce – Atlante dei paesi invisibili”, una raccolta di pensieri poetici, talvolta anche ironici, sui luoghi meno popolari del nostro bel Paese. Caraluce è uno sguardo attento sugli spazi, delimitati da confini di convenzione, ma mai veramente separati, è un modo per accomunare i luoghi, attraverso una luce trasversale, che taglia le barriere e ci fa sentire più vicini.

Franco Arminio è anche l’ideatore del Festival “La Luna e i Calanchi”, una manifestazione che si tiene a fine agosto, ad Aliano, dove si esibiscono artisti, che condividono con lui l’amore per i luoghi nascosti.

 Arrivo negli studi RAI di Napoli, in cerca di Franco, che conosco da qualche anno, mi vede, mi sorride e si avvicina, con il suo consueto garbo, in jeans, giacca e camicia. Ci salutiamo e punta gli occhi sul quaderno che tengo stretto al petto col braccio destro, gli spiego che non è per l’intervista, quella la registriamo direttamente sul cellulare. Prima di cominciare, però, chiedo ad un’amica comune, di farci una foto. Guardo il cellulare e non sono contenta del risultato, ma non importa, bisogna iniziare l’intervista, c’è poco tempo, prima della registrazione della trasmissione.

BOCCA

Quando arrivi e chiedi perché si chiama così, ti dicono che il paese è un viaggio nel corpo umano. Una volta si chiamava Scapola. Presto si chiamerà Tallone.

In Caraluce c’è una certa dose di ironia, penso, ad esempio, alle parole dedicate a BOCCA, è perché hai deciso di essere più ironico anche nella vita?

 Sì, mi sembra che sia un libro anche ironico, divertente, gioioso, quando si mobilitano certe fantasie… è lieve, venuto così naturalmente, perché io sono ironico. Nelle serate del festival, ma anche in quelle private, emerge questo mio aspetto, è un po’ come in “Cartoline dai morti”. Gianni Celati, una volta, mi disse che ascoltarmi gli faceva venire in mente Totò. Mi colpì, ma evidentemente è così, altre volte, poi, mi dicono che ricordo Troisi.

Hai fondato la Casa della Paesologia, hai dato un po’ di luce a piccoli paesi dimenticati. Si dice che le persone siano luoghi da visitare, sei d’accordo o credi sia più corretto l’inverso, ovvero che i luoghi siano come persone da conoscere? Sembro un po’ Marzullo, lo so. (Ridiamo)

Sì, è più vero che i luoghi sono come le persone, anche la sintonia con i luoghi è come quella con le persone. Io mi trovo bene in tutti i paesi, è quasi come se li avessi messi al mondo io, perché li ho resi noti. La spinta che mi ha portato a scoprirli è un moto gioioso, carico di passione.

In questo libro c’è poco io, mi sono tolto di mezzo, stavolta il mio io è sacrificato per lasciare spazio ai paesi. Caraluce è diverso per questo.

Visitare tanti posti è interessante, ma deve essere anche molto stancante, credi di riuscire a farlo ancora per tanto, come negli ultimi anni?

 Stancante, certo, ridurrò un po’ gli spostamenti, ma dipende dalla salute e dagli inviti. Faticoso è anche stare a casa. Bisaccia è casa mia, ma i miei concittadini sono sempre meno la mia gente. In inverno neanche escono da casa. Talvolta, ci si stanca più a stare fermi che a viaggiare.

E allora, continua il tuo viaggio, Franco, continua a illuminare i piccoli luoghi nascosti, con la luce gentile delle tue parole.

Ci siamo salutati con un forte abbraccio e grandi sorrisi e, ovviamente, ho fatto scattare un’altra foto, la prima proprio non avrei potuto pubblicarla.

Mariavittoria Picone nasce in un caldo dicembre del 1970 a Napoli, dove vive e lavora. Ha pubblicato racconti e poesie su blog e riviste on line. Nel 2020 è uscito il suo primo romanzo Condominio Arenella (IOD Edizioni), accolto favorevolmente dalla critica e dai lettori. Nel 2021 pubblica, sempre con la casa editrice IOD, la raccolta di versi e pensieri Novantanove fiori selvatici. Sognatrice pragmatica, poetessa in prosa, sempre in bilico tra ordinarietà e magia, ironica e drammatica, si definisce un fiore selvatico, un'erba ostinata, nata tra il fuoco e l'acqua, tra un vulcano e il mare.