La cattiveria…in una parola!

Condividi su

di Alessandra Hropich

Ci sono parole dette con la precisa intenzione di mortificare gli altri.
Il cinismo vuole non di rado che si usi una parola apparentemente normale ma con lo scopo preciso di infierire su qualcuno, per invidia o cattiveria.
Avevo quindici anni quando mi chiamavano “Signora”.
Sempre da quindicenne, mi fu chiesto, da uno sconosciuto, se due adolescenti fermi vicino un mercato fossero i miei figli ed avevo l’aspetto di una ragazzina, a detta di tutti.

Ed è la regola che, quando anche oggi (ed è sempre stato così negli anni passati) entro in un negozio o ufficio, la comessa/ impiegata di turno mi salutino chiamandomi “signora”, in genere lascio dire, dopotutto oggi potrei essere sposata.
Talvolta però replico chiedendo di essere chiamata per nome, visto che ( e lo dico sempre) lo status di signora mi ricorda tante donne sposate e tristi. Puntuale, ogni volta, ecco la replica secca: ” Ma oggi sono tutte signore, poi non è vero che quelle sposate sono tristi,  anzi sono tutte felici!”
Qualcuna, volendo esagerare, aggiunge: “Io, ad esempio sono sposata da quaranta anni e sono innamorata più del primo giorno!”
Chiudo il discorso con una mia frase ironica di sempre:
” Ho capito che lei legge Harmony e i fotoromanzi!”
Ovviamente le risposte proseguono insistenti e dai modi a tratti furiosi quasi sempre e mi rendo conto, solo sul momento, della rabbia con cui vengo contraddetta, a volte, percepisco fortemente un loro desiderio represso di prendermi a schiaffi, continuando però a chiamarmi “Signora” con maggiore insistenza.

Essendo io un’ osservatrice attenta, dallo sguardo e dalla voce altrui, già comprendo il livello di cattiveria della persona che insiste e rincara la dose quando continua ad usare quel titolo ripetendolo più volte e rifiutando fermamente di chiamarmi con il nome.
Eppure spesso nei negozi vedo clienti che vengono chiamati per nome, per me, non vale, io sono diversa.
Perché va precisato che quel  “signora” viene pronunciato spesso con almeno quattro S iniziali: “SSSSSignora”, per meglio appesantire il termine stesso. Poi, (ironia della sorte) capita di vedere entrare nel negozio qualche giovanile mamma con pargolo al seguito, ed ecco che la stessa commessa o impiegata le si rivolge sorridente invece con un: “Buongiorno signorina!”
Io sono categoricamente una signora e mi viene imposto il titolo mentre la giovanile mamma con figli sarebbe una signorina?

-Per farci una battuta: sembra che la signorina in questione sia diventata mamma per opera dello Spirito Santo, restando così, signorina.
Ma sono le assurdità delle persone cattive e frustrate.
Ovviamente per me non cambia nulla, ho imparato cosa cova nell’ animo umano da decenni. Signora o signorina conta molto invece per coloro che ci tengono a ricordarmi, sin da adolescente, che non sono una bambina ma una persona grande  e da invecchiare presto, per insultarmi, vorrebbero chiamarmi “vecchia” ma non potendo rendere la cosa evidente, allora cercano di attaccarmi, loro credono, senza farsi scoprire.

Al di là del racconto personale, il cinismo maschera sempre una cattiveria latente che viene camuffata dietro parole apparentemente normali, cosa si nasconde dietro l’ uso di una parola, sfugge sempre ai più. Chi vuole offenderti perché è invidioso di qualsiasi cosa non può dirtelo ma trova il modo di colpirti con frasi o una sola parola apparentemente normale.
Una mia vicina di casa, il giorno in cui iniziai a lavorare, firmando il mio primo contratto appena laureata e quindi giovanissima, incontrandomi mi chiese da quanto tempo io fossi ormai in pensione e mi accorsi dal viso indisponente quanto fosse forte la voglia di dare fastidio nel momento in cui mi fece la domanda, certa che io non ne comprendessi la finalità offensiva.
Non riporto qui la risposta poco elegante che detti alla signora né accenno fatti privati della vita di questa ex vicina che considero un Mostro (per diversi motivi).

Mentre conosco mogli che non ricordano ai mariti che sono grassi o ridotti male, si farebbero scoprire, è ovvio ma sanno come colpire.
Piuttosto, una donna cinica dice: “Caro, ho a cuore la tua salute e non voglio che i chili in eccesso ti provochino un infarto!”
Sembra una donna amorevole verso il marito, in realtà spesso si nasconde un desiderio di offenderlo ricordandogli la condizione fisica.
Ed ancora, ci sono donne che, pur dichiarandosi innamorate del loro marito, non disdegnano di ricordargli spesso che la sua vecchiaia non gli consentirebbe di fare diverse cose, gli compilano così una sorta di lista di ciò che non possono fare più.
Nulla uccide di più di quello che avresti voluto fare e non hai fatto a cui si aggiunge la cattiveria di chi te lo ricorda, basta una parola per annientare un uomo.
Insomma, le persone ciniche ti umiliano senza attacchi frontali, giusto ti ricordano che sei vecchio, povero, grasso, impotente o sterile, dipende dai casi e con modi garbati.
Ma il problema è semmai per gli uomini da sempre per nulla portati a cogliere la sottigliezza femminile, rarissimamente un uomo comprende di avere accanto una persona perfida.
Quante volte mi sono sentita definire da alcuni come  una sorta di visionaria solo perché avevo colto da subito la cattiveria di qualcuno?
Poi, quando l’ ingenuo di turno si è accorto, dopo tempo e danni gravi collezionati, mi sono sentita tante volte dare ragione tardivamente ma ormai non mi interessava più, le persone ingenue meritano il danno, altrimenti dormiranno sempre.

Quindi, tornando al mio caso, non è l’ essere definita “signora” da qualche decennio che mi scoraggia, mi rattrista semmai ogni volta il vedere quante persone credono che un semplice termine possa farmi sentire vecchia o triste.
Come se poi la vecchiaia (quando sarà) fosse una vergogna, mi auguro di arrivarci con tante rughe e la stessa gioia di vivere che ho oggi.
Provo tristezza però nel notare puntualmente che, quando autorizzo qualcuno a chiamarmi con il mio nome, dall’ altra parte trovo ostilità e un rifiuto fermo, quasi nessuno (salvo rari casi) accetta che io gli tolga quel forte desiderio di infierire su di me con una semplice ed apparente banale parola, e quel termine “signora” viene ripetuto con maggiore gusto e forza altre cento volte, perché chiedo di essere semplicemente “Alessandra”.
Immagino di togliere ad un Mostro l’oggetto del suo divertimento, cosa impensabile!
Chi vuole offenderti e sa di poterlo fare solo (ahimè) usando un appellativo, non rinuncia a farlo a nessun costo, piuttosto litiga, tenta di deriderti riempiendoti di frasi ironiche (anche sul fatto di non essere sposata), ecco questi atteggiamenti da parte di chiunque mi fanno comprendere quanto la gente soffra di invidia e, nel mondo femminile abbonda ma anche gli uomini insoddisfatti non sono pochi e spesso, per questo, anche poco gentili nei modi.

Di contro, quando incontro invece il mondo imprenditoriale di alto livello e coloro che rappresentano le Istituzioni, in questi casi, torno ad essere, per chi conta nella società, la dottoressa Hropich, nessun manager o alto Dirigente mi ha mai chiamata “Signora”, anche chi inizialmente non mi conosce. Per chi ha un ruolo sociale importante, io ho il volto della dottoressa (cosa che in realtà sono) mentre, per chi è un semplice cittadino, il più delle volte sono da sempre e sin da adolescente, una “Signora”.

Ricordo quando Luciano De Crescenzo mi diceva che la gente non deve avere molta familiarità con lo scrittore e il personaggio perché prende facilmente quella confidenza che nessuno gli dà e ti trascina (con i suoi discorsi) ad un livello che non ti corrisponde, infatti lui mi riceveva sempre nel suo studio e mai al mercato della frutta dove una persona diversa non viene accettata come tale ma combattuta.
Ed oggi, a distanza di anni dalle parole del mio amico scrittore, mi sembra di vedere un esempio di guerra tra cittadini e quindi di una società che tenta di combatterti con gli appellativi, non potendo usare altri mezzi e cercando di toglierti persino cose  che ti appartengono.
Essere giovane, avere uno stato civile ben preciso e il riconoscimento dei tuoi reali titoli, sono cose che non mi appartengono, perché? Perché ho riscontrato troppe volte che il titolo di signorina o dottoressa viene puntualmente affibiato invece a chi non interessa, magari a donne insignificanti che nemmeno sono laureate ma che comunque non sono oggetto di altrui invidia.

Chissà, mi sono sempre chiesta se invece le persone che arrivano a determinate posizioni importanti sono mentalmente esenti da certe bassezze fin troppo invece comuni a coloro che hanno bisogno di spengere gli altri, giocando ad invecchiarti (nel mio caso) e non solo visto che non hanno altro su cui giocare.

E solo ora comprendo il motivo per cui taluni su questa terra si conquistano il ruolo di protagonisti mentre tantissimi altri saranno sempre e solo spettatori (invidiosi) di ogni successo altrui.
Troppa gente pensa, più che alla sua fortuna nella vita, a scoraggiare gli altri con qualsiasi stratagemma, soprattutto quelli con cui non ci si potrà confrontare mai.
Triste constatazione ma è lo specchio della società.

Ecco perché, dopo il successo del libro “Mostri!”, in tanti già mi hanno chiesto di scrivere il seguito.
Perché la lista delle persone veramente malsane e capaci di tutto è lunghissima.

Per informazioni sul libro “Mostri!”
https://www.youcanprint.it/mostri/b/36ef6f66-740b-5f43-a59e-babf005c66e8

Scrittrice e Pubblicista. Esperta di tematiche sociali, Relatore, Opinionista. Mi occupo di Comunicazione aziendale, Istituzionale e politica. All' Avvocatura ho preferito la Comunicazione perché adoro raccontare la realtà, fatti rigorosamente veri.