La redazione
Sarà dedicato un seminario al film Giordano Bruno di Giuliano Montaldo (1973) il 17 febbraio 2020 alle 14.30, presso il Palazzo dei Congressi Federico II, Centro Linguistico di Ateneo in via Partenope, 36.
Alla manifestazione, aperta dai saluti di Arturo De Vivo, Rettore dell’Università federiciana, e introdotta da Vincenzo Caputo, docente di Letteratura Italiana, interverranno Anna Masecchia, docente di Storia del cinema, Pasquale Sabbatino, coordinatore del Master di II livello in Drammaturgia e Cinematografia, e Gianfranco Nappi, direttore della rivista “InfinitiMondi” e coordinatore di un progetto dedicato alla prima rappresentazione di Giordano, opera teatrale scritta da Piero Bevilacqua, e ad altre iniziative che si svolgeranno in collaborazione con la Federico II.
«Il film di Giuliano Montaldo, – afferma Anna Masecchia – complice la personalità ribelle di un grande attore come Gian Maria Volonté, presenta un Giordano Bruno incarnazione di una istanza politica forte, di una ribellione contro ogni forma di potere, innanzitutto ecclesiastico. Uscito nel 1973, il film ritorna al passato per parlare dei conflitti del presente, dell’onda lunga della stagione del ’68 e dei suoi risvolti. La raffinatezza dell’ambientazione e la cura nella ricostruzione d’epoca, unite all’uso della macchina a mano e ad un linguaggio filmico moderno rendono l’impatto politico del film estremamente efficace e ancora in grado di comunicare tutta la forza di una figura importantissima del nostro Rinascimento».
La visione del film rappresenterà, in primo luogo, l’occasione per riflettere sulla fortuna teatrale e cinematografica del personaggio Bruno. «Gian Maria Volonté dà voce e corpo alla passione e alla ragione di Giordano Bruno, – dichiara Pasquale Sabbatino – l’Ulisse moderno, che con il volo della sua filosofia ha già trovato un nuovo cielo e una nuova terra. L’uomo, allora, non deve più aspettare l’apocalisse del mondo, ma può vivere fino in fondo l’esperienza personale dell’apocalisse interiore ed intellettuale, rigettando la vecchia cultura cosmologica e aprendosi a quella copernicana e nolana. Così l’Ulisse di Bruno, il furioso eroico, costruisce il nuovo mondo, dà vita alla nuova umanità, avvia il nuovo corso della storia. Il regista Montaldo, sulla scorta della lettura pirandelliana delle opere di Bruno, racconta con le immagini la svolta epocale, che dalla tragedia antica porta a quella moderna, dalle certezze del passato ai dubbi del presente, dall’orizzonte ben definito all’orizzonte sempre mutevole, dalle risposte consolidate alle incalzanti domande di fondo sulle sorti del mondo e sulle sorti dell’uomo».
Il film narra, nello specifico, gli ultimi anni di vita di Giordano Bruno dal 1592 fino alla tragica fine del 17 febbraio 1600 a Campo de’ Fiori. All’altezza del 1973, però, la figura del filosofo eretico si trasforma in quella di un rivoluzionario in senso lato. «C’è una scena – dichiara Vincenzo Caputo – che appare emblematica dell’intento attualizzante, che pervade a tratti il film. Il personaggio Bruno rievoca con la mente una propria disquisizione universitaria. Continua a ripetere che ‘a una nuova visione del cosmo deve per forza corrispondere una nuova visione dell’uomo’. La ressa è inevitabile. Lo stuolo di pedanti si allontana, scandalizzato, dall’aula universitaria. L’intervento di Bruno finisce per assumere i toni e i tempi di quello che, all’altezza degli anni Settanta, si sarebbe chiamato rissoso comizio».