di Giosuè Di Palo
Il TAR della Campania ha accolto il ricorso di alcuni genitori e del Governo sospendendo l’ordinanza di De Luca sullo slittamento dell’apertura delle scuole al 29 gennaio. Per effetto di questa, singolare, decisione la scuola dunque riprende in presenza come l’indirizzo di Governo aveva già precisato.
Ora, partendo dal presupposto che sicuramente la ripresa della didattica in presenza sarebbe l’ideale anche e soprattutto dal punto di vista psicologico dei ragazzi, che hanno perso mesi e mesi di vita e socialità, sta di fatto che la situazione in cui l’intero paese si trova in quest’ultimo periodo non mi sembra così rassicurante. Con quasi 200.000 casi giornalieri accertati, la curva epidemiologica non sembra affatto fermarsi, anzi. Il virus cammina, corre e contagia.
La variante Omicron è, forse, la più contagiosa di tutte e non fa sconti a nessuno. Vaccinati con seconde e terze dosi e, ovviamente, non vaccinati, ai quali il virus colpisce in maniera nettamente maggiore e con maggiori rischi di ricoveri e ospedalizzazioni. La scelta del Governo di riaprire le scuole, a mio avviso, più che segnale di ripresa e buonsenso, appare più come arraffazzonato tentativo di sviare il problema e simulare un’apparente miglioramento della situazione, nella realtà inesistente.
Sono studente anch’io, universitario, ma vivo e sento ogni giorno il peso di questo periodo e l’accumularsi delle incertezze. Ma la sicurezza di riaprire le scuole e le università, francamente, non la riesco proprio a concepire. Se è vero, come dimostrano i dati, che questa variante è contagiosissima anche se più debole dal punto di vista dei sintomi, mi sembra una follia spalancare le porte dei luoghi dove il covid ha più possibilità di diffusione. Spesso leggo critiche nei confronti di chi come me contesta la scelta del Governo di riaprire, critiche sostenute da argomentazioni del tipo “non è la scuola il problema.
I ragazzi si contagiano ugualmente fuori la scuola, magari negli ambienti vicini. A maggior ragione, dico io, sarebbe preferibile chiuderle. Proprio perché comunque si contagiano nel cortile, durante la ricreazione, nei pullman per tornare a casa. Molti genitori si lamentano dell’impossibilità di gestire i propri figli se chiusi in casa. Ma, di fronte a questa situazione, quanto è prudente mandarli a scuola in ogni caso piuttosto che organizzarsi da prima? In più conosciamo bene gli effetti di una didattica “a singhiozzo” caratterizzata da momenti in cui i ragazzi sono mandati a scuola ad altri in cui costretti in casa, assistono alle lezioni tramite piattaforma elettronica. Non c’è continuità, non c’è programmazione, non c’è niente. Solo un gran casino.
Verifiche programmate per un determinato giorno che necessariamente saltano, lezioni da dover riorganizzare la sera per la mattina. Per gli asili la situazione è tragicomica : quarantena per tutti al primo positivo trovato, per dieci giorni. Logisticamente dunque i genitori sono costretti a doversi riorganizzare ogni giorno e a vivere con l’ansia di non sapere se la settimana successiva ci sarà il miracolo della ripresa delle lezioni o meno. Alle Elementari, invece, con un positivo c’è l’obbligo dei tamponi rapidi, quindi inaffidabili, quindi inutili, ogni cinque giorni. Con due positivi scatta la dad.
Alle superiori con due positivi in quarantena finiscono solo coloro che non hanno completato il ciclo vaccinale da meno di quattro mesi. E chi dovrebbe pensare ai controlli? I professori? I presidi? Chi? Boh. L’unica cosa possibile, a mio avviso, è reintrodurre la dad per tutti, indistintamente e procedere parallelamente coi bombardamenti dei vaccini per i ragazzi. Allo stesso tempo garantire ai genitori la possibilità di lavoro autonomo da casa, così da poter badare ai figli e garantire un minimo di sicurezza in più.