di Rosario Pesce
È evidente che la guerra lampo, cui anelava Putin in Ucraina, è fallita vista l’eroica resistenza di un popolo che non si è arreso di fronte ad un nemico più forte, nonostante l’elevato numero di civili morti.
Ma, fino a quando gli Ucraini potranno resistere?
È ovvio che, se la Nato non interviene militarmente in forma diretta sul suolo ucraino, questa guerra rischia di produrre il disastro umanitario più grave dal Secondo Conflitto Mondiale in poi.
Certo, comprendiamo i dubbi di chi ritiene che l’intervento militare occidentale rischia di far precipitare gli eventi, ma possiamo ancora assistere inermi ad una mattanza simile di innocenti?
Putin non firmerà mai nessun armistizio, fino a quando sarà consapevole della sua forza, che lo spingerà, nei mesi prossimi, a guardare anche oltre i confini ucraini, visto che il suo progetto è quello di ricostituire gli antichi limiti geografici della Russia sovietica e zarista.
È chiaro che egli ha un vantaggio rispetto ai leader occidentali: essendo la sua un’autocrazia, non deve rendere conto al suo popolo, per cui chi si oppone viene barbaramente incarcerato e processato; invece, le democrazie atlantiche devono rendere conto alla pubblica opinione, che a volte si nasconde dietro un’idea di pacifismo, che rischia di cadere nel cinismo.
Un dato è, comunque, acclarato: sul territorio ucraino non si sta giocando una partita politico-militare che riguarda solo Russi ed Ucraini.
L’ampiezza del conflitto va, infatti, oltre i meri confini ucraini.
Le potenze orientali – Russia e Cina, che spalleggia la prima anche per interessi commerciali – intendono ridefinire i rapporti di forza con gli Usa e con l’Europa, visto che è indubbio che, nel corso degli ultimi venti anni, lo sviluppo economico è proceduto molto più rapidamente ad Est che non ad Ovest.
Pertanto, la Russia si impegna a riproporre le azioni di conquista militare tipiche della sua tradizione imperialista, dagli zar ai Soviet, mentre la Cina erode fette di mercato agli Usa, a tal punto che si può dire, senza timore di smentita, che oggi la prima economia mondiale sia quella cinese e non più quella statunitense.
Ed, allora, cosa fare?
Forse, l’Europa potrebbe assumere un ruolo di maggiore protagonismo nella vicenda russo-ucraina, ma per fare questo essa dovrebbe iniziare a parlare con una sola ed autorevole voce, che al momento manca, visto che ogni Stato del vecchio continente tende a tutelare la propria posizione, piuttosto che sforzarsi di ragionare entro una prospettiva di insieme più inclusiva.
E, quindi, siamo condannati per molti giorni ancora ad assistere ai crimini di guerra delle truppe di Putin, in attesa che qualcuno ad Occidente sia in grado di assumere un’iniziativa vera di pace, che ad oggi non si intravede neanche?