Apro gli occhi, ed è il giorno.
Non quello della partita, ma quello della partenza.
Che poi è la stessa cosa.
Certe partite iniziano col fischio dell’arbitro e finiscono allo stesso modo solo per la statistica.
Ma la storia è un’altra, per i tifosi.
Per i tifosi partite come questa iniziano settimane, mesi prima.
Iniziano quando perdi 2-0 contro la Fermana mentre le squadre dei tuoi amici giocano in Europa e tu pensi che certe cose non ti riguarderanno mai.
Perciò per noi contano di più.
È un concetto trito e ritrito quello del tifoso che vive la partita con anticipo e che per lui dura più di 90 minuti, ma se lo vivi lo capisci.
Altrimenti no.
Per l’occasione ci siamo fatti preparare, da alcuni amici che lo fanno di mestiere, delle magliette.
Buitoni.
Scudetto sul petto.
Coppa Italia.
Sulle spalle non Diego, non Careca.
Numero 3.
Francini.
L’ultimo a segnare al Real con la maglia del Napoli.
Anche se ci fu un Di Vicino in un’amichevole un po’ di tempo dopo.
E un po’ di tempo fa.
Quando me la sono provata ho pensato a mio padre.
Ho avuto i brividi e le lacrime agli occhi.
Me l’ha raccontata tante di quelle volte quella serata piena di sogni e illusioni.
Come mi raccontava sempre del suo portiere preferito, tale Bugatti Ottavio.
Mai sentito, pochissime presenze in Nazionale.
E io non capivo, mai.
Però quando me ne parlava non aveva bisogno di raccontare nulla, bastava guardarlo negli occhi; quelli dei tifosi parlano, proiettano le immagini direttamente nella tua mente e immediatamente Bugatti fa parte di te.
È come se io vi parlassi, ad esempio, di Hassan Yebda e del suo cucchiaio in Coppa Italia contro l’Inter.
E allora è giusto così.
Non Diego, non Careca.
Ma Giovanni Francini.
Papà so che sarà orgoglioso di noi.
So che sarà con noi in questo viaggio di speranza.
Non della speranza.
Di speranza.
Siamo pronti.
Sicuramente avrò dimenticato qualcosa a casa, è la prassi di chi parte.
Ma il cuore ce l’ho, e nel giorno di San Valentino, mentre corro dalla mia amata nel giorno per lei più importante, mi sembra l’unica cosa che conta.
Non quello della partita, ma quello della partenza.
Che poi è la stessa cosa.
Certe partite iniziano col fischio dell’arbitro e finiscono allo stesso modo solo per la statistica.
Ma la storia è un’altra, per i tifosi.
Per i tifosi partite come questa iniziano settimane, mesi prima.
Iniziano quando perdi 2-0 contro la Fermana mentre le squadre dei tuoi amici giocano in Europa e tu pensi che certe cose non ti riguarderanno mai.
Perciò per noi contano di più.
È un concetto trito e ritrito quello del tifoso che vive la partita con anticipo e che per lui dura più di 90 minuti, ma se lo vivi lo capisci.
Altrimenti no.
Per l’occasione ci siamo fatti preparare, da alcuni amici che lo fanno di mestiere, delle magliette.
Buitoni.
Scudetto sul petto.
Coppa Italia.
Sulle spalle non Diego, non Careca.
Numero 3.
Francini.
L’ultimo a segnare al Real con la maglia del Napoli.
Anche se ci fu un Di Vicino in un’amichevole un po’ di tempo dopo.
E un po’ di tempo fa.
Quando me la sono provata ho pensato a mio padre.
Ho avuto i brividi e le lacrime agli occhi.
Me l’ha raccontata tante di quelle volte quella serata piena di sogni e illusioni.
Come mi raccontava sempre del suo portiere preferito, tale Bugatti Ottavio.
Mai sentito, pochissime presenze in Nazionale.
E io non capivo, mai.
Però quando me ne parlava non aveva bisogno di raccontare nulla, bastava guardarlo negli occhi; quelli dei tifosi parlano, proiettano le immagini direttamente nella tua mente e immediatamente Bugatti fa parte di te.
È come se io vi parlassi, ad esempio, di Hassan Yebda e del suo cucchiaio in Coppa Italia contro l’Inter.
E allora è giusto così.
Non Diego, non Careca.
Ma Giovanni Francini.
Papà so che sarà orgoglioso di noi.
So che sarà con noi in questo viaggio di speranza.
Non della speranza.
Di speranza.
Siamo pronti.
Sicuramente avrò dimenticato qualcosa a casa, è la prassi di chi parte.
Ma il cuore ce l’ho, e nel giorno di San Valentino, mentre corro dalla mia amata nel giorno per lei più importante, mi sembra l’unica cosa che conta.