di Christian Sanna
Non escludo che un giorno, quando sarò vecchio, se avrò il privilegio di invecchiare e la fortuna di farlo bene, mi piacerebbe alzarmi di scatto dalla sedia della stanchezza e correre felice verso il mare. Fare il dito medio al tempo che passa come atto di disobeddienza da parte di chi non ha più niente da perdere, ma ha una vita vissuta da raccontare.
In fondo, anche di un’impresa eroica cosa resta se non la si ricorda per descriverla e non la si riesce a romanzare, almeno un pò. Noi siamo la nostra memoria, ripeteva Jorge Luis Borges, noi siamo questo museo chimerico di forme inconstanti, questo mucchio di specchi rotti. A volte basta ascoltare una vecchia canzone, sfogliare un album di fotografie o guardare un film del passato per assistere al miracolo di veder emergere una Atlantide del sentimento da troppo tempo sommersa, quella città della giovinezza che credevamo irrimediabilmente perduta, inabissata insieme alla convinzione che forse il meglio è passato.
Mi ama/non mi ama, affidavamo ad una margherita da sfogliare, il destino di un amore, il suo sbocciare. E c’era forse una maggiore purezza nell’aria che respiravamo o almeno così ci facevano credere i saggi, quegli uomini con i capelli bianchi verso i quali si destinavano i saluti, l’attenzione ai consigli che davano, un rispetto che oggi latita. Quando si è giovani, se non ci si mettono di mezzo incidenti e sfortune, la vita si proietta dinanzi agli occhi con la sua aura di finta eternità. Si fanno progetti per decenni, si mette a dura prova il fisico, mentre le malattie sono solo un inciampo riservato ai vecchi o comunque un appuntamento sgradito che riguarda gli altri.
Per Josè Saramago Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere. Il mare del passato emerge sempre con le sue onde di ricordi a volte pazzi e squinternati, spesso nostalgici. Del resto una vita da vivere all’indietro non l’hanno ancora inventata, certo sarebbe bello rimettere un piede anche solo per un’ora o per pochi minuti, nella dimensione della giovinezza, quella delle aspettative non ancora deluse e dei cuori che non pensavano di venire infranti con tanta facilità. Si potesse tornare indietro e rimandare all’infinito la ghiottina del futuro, ma indietro non si torna e bisogna andare avanti cercando di conservare dignità in ogni comportamento e freschezza nei pensieri, dinamicità nelle azioni.
Non riesco a dire se avesse più o meno ragione Julio Cortàzar quando sosteneva che La memoria è uno specchio che mente spudoratamente. Però, mi sento di affermare che tutti gli avvenimenti della vita possono aumentare e diminuire di valore in base a come vengono ricordati e raccontanti; in questo processo di elaborazione del ricordo risiede tanta soggettività che in fondo resta la scialuppa di salvataggio per tutte quelle volte che ammettere una oggettività può risultare scomodo.
Premesso che ritengo esserci abbastanza poesia mischiata ad esasperazione quando scrivo che una dimenticanza può risultare più letteraria di un ricordo, devo però dire che mi ricordo tutto, soprattutto i vuoti e quelle cose che non ci sono mai state. Mi ricordo tutti gli amori che non si sono compiuti, le donne della mia vita che ho lasciato andare, le promesse che non ho mai fatto, la poesia più suggestiva rimasta incompiuta, impantanata nelle sabbie mobili di quella parte di me disperatamente filosofica, rischiosamente allergica ad una idea di felicità concretizzata.
Mi ricordo molto bene anche l’educazione che non hanno mai avuto (ma preteso si) molti che ho incontrato lungo il mio cammino, l’ignoranza abissale in materia di sensibilità, ascolto, senso di solidarietà e di partecipazione emotiva. Ricordo perfettamente volti e nomi di battesimo di tutti gli ipocriti che ho conosciuto, conosco a memoria i principi fondamentali dell’attorialità e sono valutatore severo quando mi imbatto nella totale mancanza di talento, incredulo della mediocrità di tanti persino nell’esercitare la professione dell’individuo negativo, invidioso, livoroso.
La memoria è tutto, prova ad insegnare all’uomo cosa non fare per non ricadere nuovamente nello stesso errore. Spesso non ci riesce, ma non è colpa sua se l’essere umano è analfabeta sentimentale. Io mi ricordo anche un sacco di cose belle: l’infanzia felice, l’amore dei nonni, le risate, i primi innamoramenti. La memoria è un meccanismo complesso in cui convivono felicità e tristezze, nostalgie ed appagamenti. E quando i ricordi sono terribili e fanno male all’anima, quando ci si ammala della difficoltà di dimenticare per una cosa brutta che ci è capitata, un’idea di soluzione la diede Primo Levi Quando non si riesce a dimenticare, si prova a perdonare.