di Christian Sanna – immagine di Enki Bilal
Fernando da Lisbona la chiamava stanchezza dell’intelligenza astratta e la considerava la più terribile delle stanchezze, differente da quella del corpo e dell’emozione. E’ la consapevolezza del mondo, l’impossibilità di respirare con l’anima.
Ne L’immortalità, Kundera sostiene che Nel vivere non c’è alcuna felicità. Vivere: portare il proprio io dolente per il mondo. Il malessere questo blocco dentro è forse l’unica ragione per vivere perchè a differenza di un percorso senza tormenti e difficoltà non boicotta i progressi del pensiero e le evoluzioni della coscienza.
Del resto alla fine della fiera, la ricchezza e la miseria di un’esistenza stanno nelle sue ferite e turbolenze. Se si vuol andare avanti non ci si può risparmiare dal tentare di mediare, cercare una strada di conciliazione fra il visibile e l’invisibile, il detto ed il taciuto, l’inverno e l’estate, la gioia ed il dolore, la realtà ed il sogno. Nel momento in cui decidi di mediare ti stai impegnando a favore della pace, stai cercando una soluzione alle crepe, un senso ai rapporti. Si vive male, molto male ed i motivi sono essenzialmente due: si vive per se stessi e si ama in una maniera che per te forse è giusta ma che l’altro non considera.
Si può dire che ognuno di noi manca soprattutto a se stesso e la sconfitta più grande è arrivare al fine del giro di giostra senza aver provato l’ebbrezza di conoscersi, mettersi in gioco davvero. La tocco piano, mi dispiace: le relazioni, tutte, sono “false” e non può che essere così perchè siamo carichi di preconcetti, paradigmi, modelli, condizionamenti, dipendenze, limiti caratteriali, fragilità, insicurezze. Sono “falsi” tutti i rapporti perchè siamo pieni di strutture e sovrastrutture, formalismi e rituali, egoismi e vanità e per raggiungere la verità, per scoprirla insieme agli altri bisogna rivelarsi senza parsimonia, assentarsi da se stessi poichè si riesce ad amare e si tocca il punto più alto della propria esistenza quando ogni comunicazione si arricchisce dell’assenza di se stessi.
Io vengo a te nudo, nella mia essenza imperfetta, senza il timore di non essere capito ed accettato. E la libertà dovrebbe risiedere proprio in questo lusso di essere se stessi. Ed invece ci illudiamo di essere liberi solo perchè ci viene data la possibilità di scegliere fra cinquemila marche di televisori e duemila di frigoriferi. Pensiamo che la libertà consista nello scegliere un prodotto fra un milione di offerte più o meno convenienti, più o meno suggestive. Misuriamo la libertà con certe parole nei testi delle canzoni o la sceneggiatura di un film leggero o impegnato. Niente di più lontano dal vero. Diceva Adorno La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.