di Giuseppe Pesce
Non si può affermare, certo, che Renzi sia politicamente morto.
Gli eventi della scorsa estate e la nascita di Italia Viva dimostrano che l’ex-Premier ha, ancora, un seguito in Parlamento.
Invero, diviene difficile quantificare il suo consenso nella società italiana in questo momento storico.
Quanto vale?
Il 3%?
Il 5%?
Il 10% dei consensi degli Italiani?
Sono domande, queste, che hanno un’importanza relativa, visto che, con i suoi gruppi parlamentari, Renzi è determinante per la vita del Governo, che egli ovviamente intende condizionare e, legittimamente, spingere verso le posizioni culturali che rappresenta.
Peraltro, è indubbio che di tutti i leader della Sinistra sia quello che, tuttora, gestisce al meglio la comunicazione, che – di questi tempi – è decisiva per mietere consenso.
Rispetto a Zingaretti, ben più riflessivo e meno mediatico, Renzi ha il dono dell’eloquio facile e della battuta pronta, che lo rendono ancora simpatico ad una parte non irrilevante di pubblica opinione progressista, finanche fra quanti sono tesserati tuttora con il PD e non hanno aderito a Italia Viva, in attesa di comprendere ed orientare le future dinamiche politiche.
Ed, allora, la Sinistra deve sperare che Renzi eroda consenso alla Destra e lo porti in dote al Governo Conte?
Certo è che viviamo un momento essenziale della storia italiana, visto che la nascita del nuovo Dicastero impone una svolta nelle alleanze anche a livello locale, in vista del prossimo voto regionale che si celebrerà nella primavera del 2020.
Forse, dobbiamo sperare che l’emorragia verso Renzi dal PD si interrompa per sperare in una governabilità migliore?
Non possiamo immaginare il prossimo futuro: certo è che, nonostante lo abbiamo avversato sul referendum costituzionale, non ci dispiace che Renzi oggi agiti il dibattito a Sinistra, visto che le idee, finanche quando ci piacciono poco, meritano sempre di essere discusse ed approfondite.