di Gianluca Carosello
Ha riportato 30 giorni di prognosi il vicepreside della scuola secondaria di I grado ‘L.Murialdo’ di Foggia colpito sabato scorso alla testa e all’addome da pugni dati dal genitore di un alunno che il giorno prima era stato rimproverato. E ancora, solo qualche giorno fa, a Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta, una docente è stata accoltellata alla guancia dopo aver “osato” interrogare un alunno.
Un’escalation di violenza fisica senza precedenti quella a cui si assiste ultimamente nelle nostre scuole, una violenza figlia di una società che denigra e indebolisce quotidianamente una delle figure professionali che dovrebbero invece godere del più alto prestigio sociale. Sì, perché il docente non è un semplice dispensatore di nozioni e informazioni, il docente è prima di tutto un educatore, che ha una duplice ed ambiziosa missione: educare lo studente alla conoscenza ed al vivere civile.
Oltre a preparare gli alunni alla vita professionale, il docente porta in classe la propria esperienza ed il proprio vissuto per creare idee forti, promuovere e valorizzare valori sani, quali la solidarietà e il rispetto reciproco. Ma è proprio vero: non sempre si raccoglie quel che si semina. E i frequenti episodi di violenza lo testimoniano: chi siede in cattedra vede ormai a rischio la propria sicurezza, e ciò desta rabbia e preoccupazione.
Essere insegnanti, oggi, si rivela proprio per questo una scelta più che coraggiosa. Cosa ha fatto sì che si sia arrivati a tanto? È sicuramente il mutato rapporto scuola-famiglia uno degli elementi che hanno contribuito allo svilimento della figura del docente: se fino a qualche tempo fa vi era un maggiore rispetto nei confronti dell’istituzione scolastica, oggi le famiglie fanno fatica a condividere le scelte educative e didattiche dell’insegnante, anzi ne mettono in discussione metodi e competenze, senza nemmeno interrogarsi sull’impegno profuso dai propri figli nello studio e senza tenere conto del mancato rispetto delle regole e del superamento dei limiti verbali e comportamentali.
È per questo che sempre più spesso si ha a che fare con genitori scontrosi ed arroganti, genitori che si sentono legittimati a sostituirsi all’insegnante stesso. Il genitore, infatti, è ormai diventato una sorta di avvocato del diavolo, pronto a difendere il figlio a spada tratta in ogni caso, facendo spesso ricorso ad azioni intimidatorie. E, se è il genitore stesso a far uso della violenza nei confronti di un docente, non dobbiamo meravigliarci che anche i più giovani facciano altrettanto.
Per superare questa profonda crisi di valori e questo capovolgimento di ruoli, occorrerebbe prima di tutto recuperare la centralità e l’autorevolezza del ruolo dell’insegnante, auspicandosi che le famiglie, invece di scaricare tutte le responsabilità e le colpe sul docente, educhino i figli al rispetto della sua figura. Solo qualche mese fa a Cagliari, un’insegnante, colpita con un pugno dopo essere intervenuta per separare due alunni coinvolti in una lite, aveva scritto una lettera dal letto d’ospedale, constatando con un tocco di amarezza che ormai siamo colpevoli di ogni cosa, noi insegnanti.
Anche se il livello di allarme tra chi quotidianamente è impegnato nelle attività didattiche con gli adolescenti resta alto, bisogna armarsi di pazienza e non scoraggiarsi: bisogna tenere duro perché la figura dell’insegnante torni ad ottenere la considerazione sociale che gli è dovuta.