di Chrstian Sanna
Nel diario esistenziale di Fernando Pessoa “Il libro dell’inquietudine”, il poeta portoghese parla della consapevolezza del mondo, di una impossibilità a respirare con l’anima e la chiama La Stanchezza dell’intelligenza, presentandola come una stanchezza astratta, la più terribile delle stanchezze.
Aggiunge Non è pesante come la stanchezza del corpo, e non è inquieta come la stanchezza dell’emozione. L’autore lusitano, morto nel lontano 1935, sentiva già molto a quel tempo, questa stanchezza. Immaginate, se oggi fosse vivo e figlio di questo tempo, ma con l’anima intatta e l’educazione sentimentale di allora. Cosa avrebbe scritto, Il libro della disperazione o il diario di un’anima nata stanca?
Se qualcuno vi racconta che un tempo si stava meglio, non gli credete! Forse stava meglio lui/lei o semplicemente si è lasciato sedurre dal potere edulcorante del ricordo, anzi della memoria. Perchè ricordo e memoria non sono la stessa cosa, in quanto il primo è un singolo frammento di memoria legato ad un avvenimento, mentre la seconda è l’insieme di ricordi, esperienze ed informazioni che l’individuo raccoglie nel corso della vita. E’ evidente che in questo calderone chiamato memoria rischia di bruciarsi qualche dettaglio, perchè la sensazione è che quando si va raccontare il passato, gli stati d’animo di allora e certe incomprensioni, alcuni momenti di imbarazzo a stare al mondo, vengono depotenziati.
Quel galantuomo del tempo allenta le tensioni e romanticizza gli avvenimenti. Credo che l’essere umano sia postumo; abbia bisogno di morire per continuare a non capire la vita, ma per imparare ad apprezzarla. E’ come se nella sconfitta riuscisse ad assaporare di più una futura vittoria e nella perdita trovasse ispirazione. Ogni tempo ha bisogno di essere storicizzato; gli anni che passano servono a ripulire la rabbia, depotenziare il dolore, affievolire la delusione. Ma bisogna essere chiari con se stessi, prima ancora che con gli altri: si è sofferto e si è vissuti male, allora come ora.
I migliori anni della nostra vita sono quelli che ricordiamo con più piacere, perchè legati all’infanzia o comunque alla giovinezza, ad un periodo in cui ci si sentiva (e si era) al massimo delle proprie potenzialità di creatività, entusiasmo e perchè no di spensieratezza. Le incomprensioni con i genitori sono sempre esistite; non capivamo i divieti e non accettavamo i consigli.
Tutte le vite familiari non sono mai rose e fiori, anche quelle che appaiono scintillanti. La meravigliosa famiglia del Mulino Bianco era, appunto, una strordinaria favola pubblicitaria. Piaceva perchè, in fondo, si nasconde un romantico in ognuno di noi, in cerca del Sogno. L’essere umano ha uno smodato amore per le cose difficili se non impossibili; a vantaggio di questa spicciola teoria tutta una serie di imprese dove l’uomo cerca di superare i propri limiti, talvolta rimettendoci anche la vita.
Perchè?
Si pensa all’universo, alla luna e ad altri pianeti. ma con quale coraggio se non siamo neanche capaci di avere cura della Terra che ci ospita e che negli ultimi anni sta dando chiari segnali di insofferenza. Ho avuto modo di scriverlo precedentemente in altri articoli: non credo che l’essere umano sia capace di invertire la rotta e rimettersi in carreggiata. Si schianterà, perchè è la presenza più stupida, egoista, superba e contorta sulla terra. Non ci vedo nulla che faccia rima con saggezza, buon senso o amore per un’altra forma di vita. E gli allarmi mediatici degli ultimi mesi sui temi del riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacciai, i virus, le guerre sono l’ultimo stadio di un processo di autodistruzione iniziato decenni fa.
Ho capito che quando i mass media cominciano ad incalzare con un tema significa, in molti casi, che si è giunti alla curva finale. Peccato che dopo non ci aspetti un rettilineo. Si parla così tanto della guerra in Ucraina, perchè ci riguarda direttamente e quindi ci sentiamo coinvolti, sicuramente emotivamente ma anche per le ripercussioni economiche, sociali e politiche. Ma l’uomo non ha mai smesso di fare la guerra; quel concetto volgare chiamato guerra non è mai caduto in disuso. In molte parti del mondo c’era una guerra, in tanti angoli della terra ci sono conflitti, guerriglie e questo genere di offese che proprio non riesco a concepire. E la verità qual è?
Abbiamo sempre pensato che il mondo fosse grande ed invece è davvero un paese solo più allargato ed allungato e ci siamo sempre girati dall’altra parte, perchè di quello che capitava e capita lontano da noi non ci interessava ed ancora non ci riguarda, salvo alcune anime belle che avendo una capacità d’amare superiore ed una vocazione alla solidarietà, riescono a sentire propri i problemi degli altri.
E in questo scenario sconcertante cosa c’è di meglio che aggiungere precarietà alla precarietà con l’ennesima crisi di governo? Credo di aver letto da qualche parte che gli ippopotami sono considerati animali non proprio acutissimi. Mi sento di dissentire! Nessuno mi toglie dalla testa che un ippopotamo adeguatamente scolarizzato possa gestire le vicende politiche con meno egoismo e più lungimiranza di molti politici. Ogni epoca ha avuto le sue tragedie ed i suoi fallimenti. I libri di storia esistono per rinvigorire la memoria, poi sta a noi interpretare il testo e confrontarlo con altri testi, perchè la fonte non deve essere mai unica. Ad inizio del Novecento, Pessoa parlava di stanchezza dell’intelligenza. Se oggi fosse vivo cosa direbbe?
Cari Signori, l’intelligenza è molto stanca, ma può riprendere vigore. Dipende da noi.
Non facciamole il funerale prima che faccia il suo tempo, vi prego!