di Rosario Pesce
La tutela dell’ambiente non può non essere una priorità per la politica non solo nazionale, ma a livello europeo e mondiale.
È evidente che, nella seconda metà del secolo scorso, a causa dei processi di industrializzazione e di urbanizzazione, in molte parti del mondo, si è prodotta una vera e propria devastazione, di cui oggi paghiamo i costi con i cambi climatici e l’aumento di malattie, che fra le varie concause hanno, invero, quella dell’inquinamento.
Peraltro, un dato è evidente: fino a pochissimo tempo fa, si è pensato che la tutela dell’ambiente fosse solo un costo sociale, per cui andavano – in qualche modo – aggirati i controlli ed i divieti in materia ambientale.
Non è un caso se molte aziende hanno trasferito le loro produzioni nei Paesi del Terzo Mondo, dove le legislazioni nazionali sono meno attente, che nella parte più sviluppata del mondo, alla preservazione degli equilibri naturali.
Oggi, per fortuna o per merito dei soggetti che hanno sempre agito in tale direzione, le cose stanno cambiando, perché si è intuito finalmente che la tutela dell’ambiente non incrementa i costi dell’impresa, ma può essere finanche un volano economico, per cui si è diffuso il concetto di economia “green”, che prevede fra le priorità l‘eliminazione delle cause di distruzione dell’eco-sistema.
Ma, quanto tempo ci vorrà ancora per mutare falsi pregiudizi e per innescare un mutamento reale nei processi produttivi?
È un esempio la lotta che, da qualche anno, si è avviata contro l’uso della plastica, che è uno degli agenti inquinanti più pericolosi.
Basteranno pochi anni per sostituire la plastica e per diffondere, al suo posto, l’uso di materie prime che non danneggiano l’ambiente per realizzare bottiglie, bicchieri, posate e tutto ciò che, finora, si è costruito con il prodotto più presente sulle tavole degli Occidentali?
È ovvio che del tempo sarà necessario per mutare le abitudini di vita di milioni di cittadini: frattanto, l’ambiente in che condizione potrà vivere?
Sono – questi – interrogativi che non possiamo non porci, anche perché la salute si tutela con la prevenzione, prima ancora che con le cure radicali e pervasive.
Forse, l’uomo ha capito che, per non scomparire, deve iniziare a rispettare ciò che ha offeso con fin troppa leggerezza?