L’America di Trump costituisce un punto interrogativo, non solo per i cittadini americani, ma soprattutto per quelli europei.
In particolar modo, i due quesiti, che il mondo intero si pone, sono i seguenti: quale sarà la politica estera della prima potenza al mondo?
Quale sarà la politica in materia di diritti civili, per un Paese che esce da anni di forte liberalismo con Obama?
Tali interrogativi non sono, di certo, irrilevanti: dagli atteggiamenti degli Usa deriveranno conseguenze planetarie di portata storica.
È evidente che la politica estera del Governo Obama, nel corso degli ultimi otto anni, sia stata il vero tallone d’Achille dell’America liberale del Presidente afro-americano.
Infatti, aver determinato la caduta dei Governi del Nord-Africa è stata una scelta scellerata, il cui prezzo sarà pagato per molti decenni.
Quei regimi, per quanto illiberali, erano però dei freni importanti per i fenomeni migratori, che invece sono esplosi subito dopo quel crollo istituzionale ed, oggi, l’Europa si trova a fronteggiare, senza i dovuti mezzi economici ed organizzativi, un’emergenza che si protrarrà, ancora, per molto tempo.
Inoltre, è evidente che lo stato di continuo conflitto con la Russia di Putin non ha contribuito, invero, alla pacificazione del mondo, per cui la premessa di Trump, volta alla costituzione di una nuova fase diplomatica nei rapporti fra le due principali superpotenze mondiali sul piano militare, non può che essere un elemento di riflessione di importanza non secondaria.
Certo, per altro verso, fa arricciare il naso – e non poco – il suo orientamento culturale in materia di diritti civili, ma crediamo che l’America ha prodotto i giusti strumenti di difesa contro un’eventuale recrudescenza di sentimenti razzisti.
D’altronde, non possiamo dimenticare che, proprio, la comunità nera è stata quella che ha dato un consenso inatteso al nuovo Presidente, a dimostrazione del fatto che i diritti civili, promessi da Obama, non sono stati il leit motiv dell’ultima campagna elettorale.
Appare ineluttabile che le persone ed i ceti sociali, che hanno difficoltà economiche, votano per chi promette loro il pane e, molto spesso, il pane è – effettivamente – prioritario rispetto alla libertà.
Non crediamo che il quadriennio di Trump possa passare senza grandi scossoni, che invero si moltiplicheranno, quando egli metterà mano a quella parvenza di stato sociale, messo in piedi da Obama, in particolare nel campo sanitario.
Ma, si sa bene che le rotture ed i conflitti possono essere, a volte, non necessariamente dei fatti negativi, per cui si sprigioneranno certo delle nuove energie, che tenteranno di contrastare il corso di Trump, qualora questi volesse riportare gli Usa alla condizione pre-kennedyana.
È, inoltre, evidente che la politica protezionista, che egli ha preannunciato, non potrà che suscitare conflitti con quegli Stati che, storicamente, esportano negli Stati Uniti, a partire dal nostro, che vende in America i prodotti tipici della nostra cucina e della nostra moda.
Per davvero, si ritornerà ad un’America che potrà consumare solo ciò che viene prodotto sul suo suolo nazionale?
Per davvero, tutto ciò che non è americano verrà rigettato in Oceano, come fecero i rivoluzionari del Settecento con il thè dei coloni inglesi?
Per davvero, l’Europa diventerà sempre più un partner in difficoltà rispetto al gigante americano, anche perché il miglioramento dei rapporti diplomatici fra Usa e Russia farà sì che, a maggior ragione, l’Unione Europea diventi sempre più debole nel contesto delle relazioni internazionali?
Certo è che Trump non passerà inosservato e che il suo Governo, in un modo o nell’altro, segnerà in modo indelebile questo tragico scorcio di secolo, già di per sé non poco problematico.