di Giosuè Di Palo
Sui social e sui media in generale si parla tanto della cosiddetta “ora più buia” in America. Si dice che abbia vinto l’odio, l’ingiustizia, l’ignoranza.
Ed io, credo fermamente sia così.
Eppure non mi aspettavo un risultato diverso, nemmeno per un attimo.
Questo perché, politicamente, l’America è tragicamente divisa, spaccata, composta da tanti, troppi Stati conservatori al limite dello schiavismo.
In cui in alcuni distretti ci sono ancora esempi di centri di conversione per omosessuali e dove la figura del prete “sindaco” e rappresentante della comunità è tanto, troppo vivida.
Lo stato della California, terra da tutti vista come la Mecca per il post-modernismo, il paese dei Balocchi per eccellenza, solo nel 2018 ha definitivamente approvato la legge che vieta le cosiddette “terapie di conversione” negli adulti, dopo averle già da cinque anni dichiarate illegali se applicate sui bambini.
In diversi stati, fra cui Texas, Idaho, South Dakota, Wisconsin, Missouri, West Virginia, Kentucky il divieto di aborto è legge.
Lo stato con le leggi più restrittive è l’Idaho: il governatore Gop Brad Little ha firmato un disegno di legge che rende illegale per un adulto aiutare una minore ad abortire in un altro stato senza il consenso dei genitori.
Come può, in tali casi, una pietra arginare il mare?
Resta da dover segnalare, per onestà intellettuale, una campagna elettorale della Harris prepotentemente e sfarzosamente Hollywoodiana, con endorsement da parte di celebrità (Katy Perry, Taylor Swift, Jennifer Aniston per citarne alcune) e gestione dei profili social quali Tik Tok ed Instagram fin troppo “glamour” e con poca sostanza.
Le sue interviste, sempre e volutamente ironiche, hanno lasciato troppo spazio a battute ed ammiccamenti vari più che alla sostanza.
Il suo voler deviare totalmente da tematiche di grande attualità e seriamente divisive quali pratiche di gestione dei flussi migratori e aborto hanno sempre lasciato un retrogusto di non detto, di “vorrei ma non posso” che non fanno altro che presagire una presunzione di voler, oltre che dover, piacere a tutti, ad ogni costo.
Ha cercato di raggiungere un bacino di utenza troppo ampio, che ricomprende troppe classi sociali, per essere accolto di buon grado.
Resta il dato che Trump, ad oggi, è il primo Presidente degli Stati Uniti ad essere stato condannato penalmente.
La Costituzione degli Stati Uniti, però, non preclude esplicitamente ai condannati di ricoprire cariche pubbliche, inclusa quella di Presidente.
La sua vittoria, quindi, non può fare altro che sollevare questioni etiche, più che politiche.
E l’etica è argomento tanto, troppo personale.
Ed in fondo è anche questo il bello della politica.