di Domenica De Falco
Una premessa doverosa è l’ammissione esplicita e un po’ colpevole di non conoscere il romanzo da cui la serie è tratta.
Per una volta parlo in modo assolutamente vergine e avulso da condizionamenti di letterata esigente e un tantino puntigliosa.
Non ho letto “L’Amica Geniale” e forse, dopo aver visto tutta la serie, neppure lo farò: conosco solo la delusione di passare dal testo scritto alla trasposizione cinematografica e non l’inverso, e stavolta di delusioni non ne voglio e non ne cerco, nemmeno al contrario.
“L’Amica Geniale” la sto vedendo con la trepidazione e l’attesa di sapere ciò che accade senza il desiderio di spoiler da parte di amici o quello attivo mio che parte alla ricerca di informazioni in rete.
Aspetto e quest’attesa mi piace e mi soddisfa ogni volta. Ciascun episodio mi conferma o al contrario mi sorprende su alcune supposizioni che avevo fatto in precedenza e mi lascia puntualmente contenta e “sazia” mettendomi in appetito per il prossimo lunedì.
La resa storica è efficace, gli ambienti sono ricostruiti con verosimiglianza e appaiono convincenti, i personaggi possono sembrare a tratti forzati ma, nel complesso, risultano funzionali.
Il fulcro essenziale ruota intorno a questa coppia speculare-antinomica di Lenù (Elena Greco) e Lila (Raffaella Cerullo), due bambine che si ritrovano insieme e crescono nella Napoli povera degli anni del dopoguerra, che poi diventano adolescenti e donne, vivendo una serie di esperienze essenziali che le vedono indissolubilmente legate, perfino nell’assenza e nella separazione, finanche nella gelosia e sottaciuta invidia reciproca (parte integrante della loro relazione).
Fin dal principio la più “brillante” è senza dubbio Lila, che impara da sola a scrivere e a leggere, che possiede un’intelligenza “geniale” ed è capace di capire al volo ed analizzare con sagacia ogni aspetto dell’esistenza sua e degli altri intorno a lei, così come ciascun libro che le capita tra le mani. Lila proviene da una famiglia difficile, con condizionamenti forti : una madre completamente succube e inetta alla vita, un padre padrone violento, dei fratelli maschilisti e dalle aspirazioni mediocri e borghesi. Vorrebbe studiare ma non le è consentito, riceve botte e violenza fisica e psicologica dalla quale pare rialzarsi ogni volta più ribelle e più cattiva. Studia di nascosto da autodidatta, è naturalmente diffidente verso l’universo maschile di cui riconosce chiaramente l’insita volgarità (non cede alle avances sessuali come le sue coetanee, già predestinate a essere schiave, è altera e fiera facendo, di contro, innamorare tutti di lei). Poi si sposa con Stefano Carracci, e sembra averlo scelto, ma prestissimo si rende conto dell’enorme errore di un matrimonio limitante, dove è assente il desiderio fisico e la stima verso il coniuge. Il marito la picchia, non le perdona la sua frigidità, la violenta non sapendo e non riuscendo a produrre in lei desiderio nemmeno momentaneo. Lei subisce ma si rialza (almeno così sembra) ancor più incattivita e bella, di quella bellezza del felino selvaggio che promette vendetta. Inizia a canalizzare la sua creatività nel lavoro, sembra aver trovato infine la sua via. Ma poi…
Poi arriva Nino Sarratore (in realtà c’era da sempre), il ragazzo amato dalla sua migliore amica Lenù, e per lei sarà il rovesciamento di ogni assetto. È già sposata quando inizia con lui una storia che la porta a scoprire l’amore, a vivere una sessualità infine appagante, a pensare di spezzare le catene di un matrimonio infelice e inutile.
Nino Sarratore è un ragazzo complesso e ambiguo, non insisto sull’analisi di un personaggio in evoluzione ma traggo solo alcuni spunti e formulo impressioni. Intelligente, ha il physique du rôle dell’intellettuale di sinistra, occhiali, capelli spettinati, rivoluzionario (almeno di primo acchito), insomma quanto basta per far perdere la testa a una ragazza con velleità diverse da quelle di fare la brava mogliettina e sfornare figli. Lui si rivelerà peggio degli altri (stando a quanto ho letto e a qualche spoiler non richiesto) ma già si evince dal secondo episodio di questa seconda serie che è un bellimbusto, e che dietro il suo apparente spirito libertario e anticonformista si nasconde in realtà un individualista esacerbato e sprovvisto della minima empatia.
Ma lui non mi interessa e lo voglio lasciare da parte anche perché mi fa arrabbiare non poco, a nome mio e delle mie consorelle (tutte noi donne siamo cadute o cadremo prima o poi nella trappola di un Nino Sarratore!)
Io voglio parlare della dolce Lenù che (e qui azzardo l’ipotesi che credo troverà conferma solo alla fine dell’ultimo episodio dell’ultima serie) sembra non possedere nessuno dei tratti che la rendono “geniale” ma che alla fine lo diventerà. Lei studia tanto, e non è la più brava, fatica pure molto in realtà, appare più lenta rispetto a Lila, sotto sotto la invidia, però continua, persevera. Le viene data la possibilità di continuare gli studi, con reticenza dalla famiglia ma senza ostracismo, e si impegna senza risparmiarsi mai. Migliora, va avanti, continua. Si innamora ma sembra trasparente agli occhi del bel Nino, e mentre le altre iniziano a uscire con i ragazzi e si sposano, lei ha qualche storia che pare giusto dovuta alla volontà di non sentirsi “diversa” dalle altre, ma non ci mette il cuore. Poiché quest’ultimo è di Nino, si sa…Nel frattempo viene circuita dalle attenzioni pedofile del viscido padre di Nino, al quale cederà, con un atto di puro masochismo, una sera su una spiaggia di Ischia qualche anno dopo. Rimanendo fredda in quel contatto sporco e squallido. Perché lo fa? Vuole essere come la sua amica? Vuole strapparsi dalla testa Nino perché ha saputo che ha iniziato una relazione con Lila proprio mentre sembrava interessarsi a lei facendole così versare tutte le lacrime possibili in una sola notte? Non si sa.
Fatto sta che, mentre l’indomita Lila rimane irretita dal pericoloso Nino e si innamora follemente (e pertanto sarà destinata alla croce di un amore solo suo quando la passione di lui si spegnerà come un debole fuocherello), Lenù studierà per entrare alla Normale di Pisa. Si allontanerà (ma questo lo vedremo nell’episodio di lunedì prossimo) ed evolverà. Alla fine sarà lei la vincitrice assoluta. Lei che sembrava la più schiva e sprovveduta.
Cosa ci fa capire questa storia? Personalmente vorrei concludere (temporaneamente) con due riflessioni. Una riguarda Nino, e deve essere un monito per tutte le donne. Ed è il seguente: occorre sempre, in ciascuna persona, un equilibrio tra sensibilità e intelligenza, poiché se la prima senza la seconda produce vittime, la seconda senza la prima (ed è il caso di Nino) genera mostri.
La seconda, ed è quella che mi preme maggiormente, concerne il rapporto tra Lila e Lenù: la loro interazione ci insegna una cosa essenziale ed è che non chi è più brillante o geniale resiste e evolve, bensì chi continua ostinatamente su una strada scelta. Solo la perseveranza, e non il genio congenito, possono trasformare concretamente il danno iniziale in risorsa.