di Alfredo Carosella
Ogni anno, insieme al Festival di Sanremo, torna la divisione tra coloro che lo seguono per curiosità o per passione e quelli che invece non vogliono vederne neanche un minuto. Non ci sarebbe nulla di strano – è chiaro che ognuno può fare ciò che meglio crede – se non fosse che entrambe le fazioni desiderano far conoscere alla parte avversa la propria posizione inappellabile.
A seconda dei diversi punti di vista, non sarebbe più semplice godersi il Festival oppure spegnere il televisore o cambiare canale? No, ne facciamo una questione di principio, di identità, di modus vivendi. Per tale motivo i detrattori del Festival comunicano, attraverso i social, il loro sdegnato distacco dalla manifestazione che forse ritengono rappresenti quel genere di televisione che nel 1987 fu definita nazionalpopolare dal presidente della Rai Enrico Manca (suscitando la piccata reazione di Pippo Baudo). A volte offendono apertamente il “popolo bue” che si perde dietro a lustrini e canzonette.
In realtà, il Festival della canzone italiana viene seguito da un pubblico molto vasto ed eterogeneo, che oscilla tra i 17 e i 20 milioni di telespettatori. Un numero enorme, se si pensa che la Nazionale di calcio viene seguita da una media poco superiore ai sei milioni di appassionati. Per tale motivo, non solo è una straordinaria vetrina nella quale esporre canzoni e moda, ma è anche un megafono col quale poter veicolare i messaggi più disparati in modo molto potente.
Nella serata di esordio della 71 edizione, l’inossidabile Loredana Bertè ha portato sul palco un paio di scarpe rosse, simbolo del sangue versato da tantissime donne in tutto il mondo. Nel corso della puntata, il presentatore Amadeus ha lanciato un appello per la liberazione di Patrick Zaki, lo studente dell’università di Bologna che da un anno è detenuto in Egitto e rischia fino a quarantacinque anni di carcere con l’accusa di propaganda sovversiva.
È un palco, quello di Sanremo, sul quale è sempre successo di tutto: fece scalpore l’esibizione di Domenico Modugno, che nel 1958 per la prima volta alzò le mani sopra le spalle in un’enfasi teatrale che non si era mai vista prima (Nel blu dipinto di blu); nel 1995 c’è stato il finto aspirante suicida che fu salvato da Super Pippo (sempre Baudo), mentre, nel corso dell’edizione del 1967, ci fu il dramma vero di Luigi Tenco. Nel 1981 il cantante dei Bad Manners (Cattive maniere) tentò di scoprirsi il sedere, poi c’è stata la famosa spallina che lasciò seminuda la bellissima Patsy Kensit nel 1987, il perizoma di Anna Oxa nel 1999, la farfalla di Belen nel 2012, i costumi di Achille Lauro nelle ultime due edizioni.
La manifestazione fu presentata nel 1999 dal Premio Nobel Renato Dulbecco, che affiancò Fabio Fazio e Letizia Casta e vide tra gli ospiti il Nobel per la Pace Mikhail Gorbaciov, gli astronauti Armstrong e Aldrin, Carla Fracci.
Tornando ai social, le interazioni per la prima serata del 2021 sono state 4 milioni, l’edizione 2020 ha totalizzato 50 milioni di interazioni, spesso molto divertenti.
E la musica? A favore dei detrattori ci sono le esibizioni di vecchie cariatidi, figli di famosi, presunti famosi, artisti improbabili. Il Festival però, in Eurovisione dal 1958, a colori dal 1977, ha emozionato tante generazioni di telespettatori con Modugno, Claudio Villa, Celentano, i Matia Bazar, Alice, Rino Gaetano, Anna Oxa, Patty Pravo, Loredana Bertè, Vasco Rossi, Franco Califano, Gino Paoli, Fiorella Mannoia, La Piccola Orchestra Avion Travel, Carmen Consoli, Malika Ayane; l’elenco sarebbe davvero lunghissimo.
Ci sono stati ospiti del calibro di Whitney Houston, Madonna, Kiss, Queen, REM, Depeche Mode, comici, artisti, personaggi molto amati dal pubblico.
Quest’anno si è discusso sull’opportunità di mandare in onda il Festival mentre la nostra vita è sospesa, i teatri e i luoghi della cultura sono chiusi, la musica si è fermata. Anche il tradizionale concerto di Capodanno è andato in onda ed è stato a dir poco commovente, inoltre ha dato un’opportunità di lavoro non solo ai musicisti ma anche a tutte le categorie che operano dietro le quinte. Andare avanti nonostante tutto è forse nella natura dell’uomo. Sicuramente è un grande segno di speranza.