Le 4 giornate di Higuain. Da ieri, quando inspiegabilmente la notizia della squalifica, con tanto di ‘virgolettato’ del referto, è stata gettata in pasto al mondo pallonaro, un angosciante senso di frustrazione e di rabbia, ha scaraventato nello sconforto il mio ‘Io’ tifoso. La notte e il sonno hanno attenuato il colpo, per cui la stessa ufficialità, giunta ad ora di pranzo, è stata assorbita come un semplice gancio nello stomaco, tirato da un Tyson qualsiasi. Proviamo ad andare per gradi. A termini di regolamento, per quanto possa apparire eccessiva e pesante, la squalifica c’è. Ci sono però tante attenuanti, che un bravo avvocato, qualora il Napoli dovesse presentare ricorso, potrebbe far emergere. In primis, l’errore di Irrati che non ferma il gioco per il fallo da dietro di Felipe su Higuain; la scenetta antisportiva e degna di un Oscar (ma ci può stare) del giocatore di casa, che appare colpito da un tir; l’atteggiamento dello stesso arbitro che nello slancio per andar via, appare quasi gettarsi verso Higuain, consentendo in qualche modo all’argentino di fermarlo (e non spingerlo) con le mani al petto (tre giornate dipendono da quel gesto). Sia chiaro, Irrati non va verso Higuain, né induce il Pipita a fermarlo con le mani, ma ‘sbaglia’ direzione. Infine, non ultima, la sconcertante fuga di notizie di atti secretati, avvenuta nel tardo pomeriggio di lunedì.
Da un punto di vista disciplinare e giuridico, è sbagliato fare il confronto con il Bonucci furioso del derby della Mole. In quel caso, Rizzoli si limita ad ammonire il difensore che lo intimidisce, spiegando la sua scelta in almeno un paio di circostanze (aspetto su cui non sarebbe male intervenisse la società, considerato il canonico silenzio arbitrale che vige su quanto accade in campo), per cui Tosel non deve far altro che squalificare il calciatore per cumulo di gialli. Allo stesso tempo però, quelle due immagini sovrapposte e la disparità di provvedimenti, da un punto di vista mediatico (a parti invertite, se mai ci fosse una lontana possibilità che ciò accadesse, avrebbero la medesima reazione), hanno una loro valenza, un fortissimo impatto e valore simbolico, soprattutto quando la parte ‘emotiva’ prende il sopravvento.
A proposito delle emozioni e di Higuain e di quell’amaro mezzodì domenicale, il mio romanticismo declinato al calcio, mi ha fatto vivere con umana amarezza e delicatezza, la sua isterica e istintiva reazione. A chi con supponenza e moralità, fa la paternale al capocannoniere della A, verrebbe da chiedere se su un campo di calcio (o di cricket) ci è mai stato, se ha mai vissuto di adrenalina, se ha mai avvertito scorrere il sangue nelle vene. Non credo che quelle lacrime siano figlie di un legame con una città o una maglia, quanto della consapevolezza di un traguardo professionale sfumato, l’ennesimo negli ultimi anni della sua carriera.
Una sensazione simile ricordo di averla provata nel 2006, con la folle testata rifilata da Zidane a Materazzi. Il vantaggio tratto non scalfì, se non in minima misura, il dispiacere per il gesto di un campione del calibro del francese.
Per quanto difficile, e per quanto il desiderio di mollare si faccia sempre più insistente, ora cali il sipario su Udine e sulle polemiche. Parli solo la società, nelle sedi opportune per tutelarsi; la squadra si isoli e si concentri sulle prossime 7 partite, per finire come si deve un campionato assolutamente entusiasmante. Gabbiadini ha ora una grossa opportunità, ha talento puro, anche umano (come dimostrano le immagini del ‘Friuli’), dimostri tutto il suo potenziale e non faccia rimpiangere il nostro Pipita.