Le fresche estati della giovinezza

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di Christian Sanna

Alla nostalgia di futuro si accompagna come una chitarra sempre accordata la nostalgia di un passato che ora ci sembra più leggero. Ne abbiamo perduti di tramonti, ma nel tempo è rimasta viva una certa memoria romantica di quei baci dati e ricevuti fra le carezze dei raggi degli ultimi soli. E siamo stati innamorati, una sera d’estate, fra canti e balli davanti ad un falò, sopra una spiaggia percepita come paradiso perduto.

Ci siamo abbandonati al discorso muto degli occhi, quando gli sguardi sono ancora troppo sconosciuti per ordinare alla timidezza di farsi da parte. Siamo rimasti delusi ad una festa di un amico del liceo quando abbiamo sorpreso la ragazza dei sogni ballare e flirtare con un altro e ci siamo isolati in un angolo con un bicchiere di aranciata più amara del solito.

In quel momento avremmo voluto sparire, prendere uno zaino e andare sette anni in Tibet a meditare. Sono stato ragazzo anch’io, leader carismatico e piacione di un gruppo di giovani sognatori. Ho scritto lettere d’amore che se Fernando Pessoa le avesse lette, le avrebbe ritenute certamente ridicole. Ho ricevuto pizzini d’amore e letto il mio bel nome con la lettera h fiera di far sentire la propria voce strozzata dall’alfabeto, scritto sui banchi di scuola all’interno di un cuore abbastanza grande per starci in due, compresi i sogni.

Ascoltavo la stessa struggente canzone anche cento volte al giorno fino a consumare il nastro e a saziare quella voglia di commuovermi che ancora oggi non mi è indifferente. Come penso e spero, al netto delle vite andate avanti seguendo il corso del destino, che a sentir pronuciare il mio nome, scatti un ricordo piacevole e venga riscattato l’impegno di un ex ragazzo ora invecchiato che ha dato ciò che poteva per un ideale, un amore o un’amicizia. Un tempo ero molto innamorato di qualcosa che poteva succedere e poi è successo magari in un forma o un modo diverso, ma ho soprattutto amato l’illusione e la suggestione, il pensiero romantico di una felicità che sfuggiva proiettandosi in fuga in avanti rispetto alle aspettative.

A tratti mi sono sentito come Vladimir Majakovskij malinconico poetico e disperato mentre diceva alla sua bella “Ma lascia almeno ch’io lastrichi con un’ultima tenerezza il tuo passo che s’allontana”. Siamo stati tutti giovani e spensierati in un certo periodo della nostra vita, abbiamo enfatizzato dolori che dolori non erano, delusioni che delusioni forse erano, ma meno cocenti di quando credevamo o comunque percepivamo. E abbiamo passeggiato sul lungomare nelle fresche estati della giovinezza, fatto le “vasche” avanti e indietro nella speranza di incrociare chi ci faceva battere forte il cuore o qualcuno che potesse rappresentare la candidatura per un nuovo amore.

Avevamo le ali, ma non lo sapevamo. E così abbiamo volato sempre meno in alto rispetto ai sogni che sono stati i veri giganti responsabili degli stati d’animo, colonna sonora di un periodo in cui era lecito chiedersi e darsi leggerezza. Per sempre ci poteremo dentro le emozioni e le canzoni, un lento con la ragazza che ci piaceva e che per insicurezza o timidezza non abbiamo mai avuto il coraggio di rubarle un bacio, magari ai piedi delle scale in perfetto stile capolavoro Francesco Hayez. Alla nostagia di futuro sia accompagna sempre quella per un passato che ogni tanto si ripresenta come una ferita non completamente cicatrizzata, ma che non brucia più.

C’è stata una grandezza fatta di sogni e speranze, illusioni e suggestioni, entusiasmo ed impegno, estati intorno ad un falò e lunghe passeggiate nei boschi. Abbiamo scritto poesie e composto canzoni, abbiamo fatto figli ed elaborato lutti, combattuto malattie e festeggiato qualche trofeo della squadra del cuore. Abbiamo lavorato e fatto viaggi, conquistato e perduto qualcuno, riconquistato e perduto ancora. Siamo caduti e ci siamo rialzati, ricaduti e risollevati sotto la bandiera dell’arrendersi mai. Ci siamo dimessi da un matrimonio o un partito, da un’amicizia o da un incarico. Siamo stati schiacciati dalla pesantezza della vita che può essere tollerabile solo se trattata con un pò di leggerezza.

Siamo stati giovani ed innamorati. Potevamo essere leggeri ma non lo siamo realmente mai stati. Forse qualcuno ha flirtato con la superficialità, ma è un altro discorso che merita un altro articolo e forse un altro autore.

Provo a descrivermi in una frase, ma è un pò come rinchiudere il mare in un bicchiere. Allora potrei definirmi "Un solitudinista visionario animale sociale ed un cercatore di spiritualità, tutto occhi ed inquietudine, perdutamente innamorato dell'Idea che non è ancora riuscito ad afferrare, col cuore di cristallo. Fregato dai sentimenti". Ritengo superfluo aggiungere i titoli di studio conseguiti, i lavori svolti, gli eventi culturali organizzati e presentati, gli impegni nella politica e nel sociale. E se a qualcuno sta balenando in mente l'idea ( sbagliata) che io possa essere un insopportabile presuntuoso, sappia che è appena caduto nella rete che ho preparato. Io voglio che a parlare per me siano gli articoli; i lettori più attenti ci troveranno frammenti d'anima.