di Enrico Ariemma
Non sono sempre tenero nei confronti del mio sindaco, dissensi occasionali o strutturali non ho intenzione di rinnegare qui, il vizio ottuso della coerenza non mi appartiene, grazie a dio.
Ma proprio per questo mi onoro di essere rappresentato da un gesto meravigliosamente accogliente e inclusivo, aperto e tollerante, disubbidiente e contrappositivo, come l’offerta di dimora a Mimmo Lucano, protagonista di una vicenda più complessa di quanto appaia dallo schematismo, a volte rozzo ed elementare, degli schieramenti pro e contro.
E tuttavia il valore simbolico e concettuale da un lato, politico e pragmatico dall’altro, che rovescia il tavolo delle relazioni di identità presunta tra elemento normativo e osservanza del bello e del buono morale, è altissimo.
Mimmo Lucano potrebbe avere infranto la legge, e dunque sarebbe per me arduo rigettare l’erogazione di una pena commisurata al reato, da cittadino qual sono provvisto di senso delle istituzioni.
Esistono però momenti e situazioni in cui la vita di comunità collide in maniera drammatica con le ragioni della politica, e un frangenti del genere è giusto, e pure bello, assumersi il rischio della camminata in equilibrio a cavallo di un muretto, unico argine operativo all’indifferenza, e mai avrei pensato di aderire a un atto di rigetto delle regole con le quali sole le istituzioni camminano, ma tant’è..
E dunque, io non so se Riace sia davvero assimilabile, come trasversalmente si spiffera, a una specie di feudo personale, una zona franca alla mercé di un satrapo, una sacca di illegalità gestita personalisticamente, non lo so.
So soltanto che l’intervento dello stato alimenta odio e rancore e pugnala i meccanismi basici dell’integrazione lasciando intatte le compromissioni di molti con ‘ndrangheta e zone limitrofe, so soltanto che i formalismi, normalmente base e linfa del cammino della vita associata, in questo caso fottono una enclave virtuosa e un ormai antico miracolo quotidiano, so soltanto che in momenti in cui il fascismo rischia di ripresentarsi nelle stesse forme di allora, alimentando paure, orientando ostilità verso nemici scelti su misura, il rispetto della legge continua a imporsi ma, come direbbe Tommasino nella lista della salute, “con qualche malattia”, so soltanto che oggi sono orgoglioso di De Magistris perché il suo gesto coniuga una idea precisa di politica con un fecondo rigurgito di umanità coniugandoli nella carne e nel sangue di Napoli, so soltanto che qua sono in gioco le ragioni del cuore e dunque si segue un’istinto d’amore e non una convinzione coerente, perché “è difficile avere una convinzione precisa quando si parla delle ragioni del cuore, sostiene Pereira.”