- di Massimo Rea
E’ finita! La Juventus vincerà il quinto scudetto di fila.
E, ad onor del vero, pur mancando ben sette giornate al termine, l’impressione è che l’ipotesi di recuperare sei punti a questa Juve appare, francamente, surreale.
Peserà su questo epilogo, la probabile squalifica inflitta ad Higuaìn dal giudice Tosel che, al momento in cui scriviamo, sembra orientato verso le quattro giornate di stop.
Già, proprio lui: il Pipita, il Dio della Guerra, colui il quale ha riscritto la storia dei goleador ed ha distrutto quasi ogni muro che gli avversari gli hanno eretto contro nel corso della stagione.
Qualcuno lo ha paragonato ad Achille, in quel di Udine; l’ira funesta di Gonzalo si è materializzata in quel fendente d’altri tempi, firmando il momentaneo quanto illusorio pareggio.
Ma al Friuli il Napoli non ha retto. La sconfitta è stata la naturale conclusione di una partita abulica, inerte, in cui gli azzurri sono apparsi spossati, forse dal primo caldo primaverile, dall’orario tanto temuto da Sarri e dagli impegni in nazionale.
Eppure, a mio giudizio, più che Il Pèlide eroe Acheo, Higuaìn ha ricordato il principe Ettore.
Nella sua umanità, nella debolezza di colui che di fronte all’inevitabile epilogo perde la testa. Ma anche nell’inganno, nell’ingiustizia, nell’iniquità delle decisioni di chi, come Atena che nella sfida alle porte di Troia favorisce con ogni mezzo il furente Achille il quale, diciamocelo, non sembrava tanto bisognoso di favori.
E’ ciò che è accaduto in questo campionato in cui la longa manus del palazzo è intervenuta in favore di chi di aiuti non ne avrebbe necessità.
Qualcuno parlerà di vittimismo; i giornali, le televisioni ci raccontano di un Napoli stanco e confuso, travolto dalla rediviva Udinese; e ci dicono che la Juve non perde mai la testa, che gli errori alla fine del campionato si compensano e che è colpa di De Laurentiis che avrebbe dovuto comprare qualcuno a gennaio.
Eppure sono le stesse persone che qualche giorno prima ci hanno raccontato dei furti del derby della Mole, di Bonucci che ha giocato da diffidato 645 partite prima di essere squalificato (tanto rientrava Chiellini).
E allora? Qual è la verità? Juve più forte o Juve aiutata?
Facciamo dunque il punto della situazione.
La vituperata Vecchia Signora fattura circa quattrocento milioni di Euro (leggasi 400!); una tale cifra è frutto certamente di una grande organizzazione che capitalizza le partecipazioni in Champions, i diritti televisivi, gli introiti dello Juventus Stadium e il merchandising. Un tale impegno finanziario difficilmente viene messo in gioco senza le dovute cautele. In linea di principio nulla di male, ma andiamo ad analizzare la natura di tali assicurazioni e dei probabili risvolti in campo.
Senza riesumare anni di veleni e di accuse e tralasciando le recenti vicende di calciopoli, la Juventus ha iniziato male questa stagione. Lo scudetto sembrava un affare tra Napoli, Roma, Fiorentina e Inter.
Poi, la naturale e fisiologica selezione ha fatto emergere lacune e pregi delle ultime tre e gli straordinari meriti di un tecnico, Maurizio Sarri, che ha trasformato la squadra depressa della scorsa stagione in una macchina di bel gioco dagli automatismi preziosi.
Intanto, ai piedi del Monviso si covavano evidenti propositi di ripresa. Del resto la Champions lasciava poche speranze e gli introiti della Champions non potevano essere persi. E così, come gli amici dell’Amaro Montenegro che rischiano la vita per salvare l’antico vaso, tutto l’establishment juventino si è messo in azione. La prima avvisaglia è giunta nella partita ad Empoli: un fuorigioco di tali proporzioni stabilisce senz’altro un record di miopia per arbitri e guardalinee!
E ricordate la vicenda delle sponsorizzazioni all’AIA? Troppo evidente il fatto che Fiat e la Zucchi (di proprietà di un tale Gianluigi Buffon) pagassero l’associazione degli arbitri; meglio un profilo understatement. Nuovo sponsor, Eurovita Assicurazioni che, guarda caso, tra i soci finanziatori vanta Unicredit, cioè Mediobanca che a sua volta partecipa alla Zucchi e tra i cui soci annovera una tale Giovanni Agnelli Sapa (c’entra pure RCS, in cui la Juventus tiene un piede che però medita di levare al più presto)!
Ma sorvoliamo e rimaniamo alle cose del campo. Nel corso della stagione i favori ai bianconeri crescono con ritmo esponenziale. Chiellini e Bonucci evitano i cartellini gialli come Alberto Tomba schivava i paletti di Madonna di Campiglio. Eppure le immagini in televisione documentano di interventi duri, meritevoli dell’espulsione. Come quello dello stesso Bonucci ai danni di Mattia Destro nella gara col Bologna. Oppure la sola giornata di squalifica inflitta a Zaza dopo un rosso diretto. Per la cronaca, entrambi segneranno nelle successive gare. E che dire della madre di tutte le partite, cioè il derby col Torino? In una sola gara il pool di arbitri è riuscito a sovvertire ogni regola scritta del calcio, commettendo tante aberrazioni da rendere inutile ogni riassunto. Per la cronaca, in campo c’erano il sig. Rizzoli ed il sig. Irrati.
Ora mi chiedo: se la maggioranza dei giornalisti commenta questi episodi definendoli persino scandalosi, come possono gli stessi sorvolare sul fatto che basterebbe un decimo di tali errori per falsare un campionato? Sarebbe come giudicare negativamente un pugile che perde essendo costretto a combattere con un braccio legato! Ma del resto siamo l’unico paese al mondo che ancora usa l’espressione “sudditanza psicologica” per definire una truffa sportiva. Eppure in Italia ci siamo abituati alla regola del sospetto; basta un articolo, una indiscrezione, un dubbio per condannare un politico alla gogna mediatica (ma anche alla postuma riabilitazione) mentre i media si scandalizzano se qualcuno insinua che la Juventus venga favorita dal sistema.
Vuoi vedere che calciopoli è stato solo un mio personalissimo (e gradito) sogno?
Un sogno in cui la Juventus veniva retrocessa per illecito sportivo, veniva condannata seppur prescritta per doping, veniva implicata nelle beghe del calcio scommesse, condannata in particolare per orientare il comportamento di arbitri, opinionisti e moviolisti (vi ricordate un tale Baldas?).
Una squadra il cui recente simbolo, Michel Platini, è stato cacciato per corruzione dai vertici Uefa ed implicato nel recente Panama Leaks. Una società che il giorno prima commenta furiosa gli errori ai suoi danni in Europa, ma il giorno dopo predica giudizio ed obbiettività riguardo ai favori goduti in Italia.
La Partita di Udine, se vinta, avrebbe portato il Napoli al prossimo turno a tre lunghezze di distanza, alla vigilia di Milan – Juventus. Un rischio da non correre. Illazioni, come quelle di Sarri che faceva notare la stranezza di un campionato che fa giocare gli azzurri sempre dopo la Juventus. Le colpe della squadra ad Udine si sciolgono nelle lacrime di frustrazione del Pipita, il quale ha lottano a suon di goal contro mancate espulsioni, scientifica gestione delle ammonizioni, goal annullati e fuorigioco inventati. Gli sarà sembrata la più grande delle ingiustizie; si sarà sentito scippato, depredato di un sogno troppo a lungo accarezzato per sentirlo ancora tale e non una splendida realtà. Il calcio è sport, e lo sport rappresenta i valori. Quelli degli atleti, quelli degli eroi che, come Ettore e Achille, sospendevano la pugna per disputare “I Giochi Olimpici”. E La Juve? Possibile che abbia sempre rubato?
Certo che no. Ricordo di aver letto di un tale John Charles. Gallese, il classico gigante buono dalle umili origini. Approdò alla Juventus nell’epoca che fu di Sivori. Lui, dalla forza dirompente ma dal cuore d’oro era praticamente incapace di fare male agli avversari. E più di una volta si racconta abbia rinunciato a segnare pur di soccorrere gli avversari. Un gentlemen d’altri tempi. Appunto: altri tempi. Probabilmente i tifosi bianconeri che leggeranno questo articolo correranno in internet per scoprire chi fosse.
Ecco, io un tale esempio lo proporrei nelle scuole calcio, ai ragazzini e ai calciatori della serie A. Ma oggi il motto della Juventus è “non importa come, ma conta solo vincere”.
Altri tempi davvero…
Massimo Rea