di Rosario Pesce
In questo momento storico, nel quale nel nostro Paese molte cose non hanno obiettivamente funzionato, visto l’elevatissimo numero di morti cagionati dal Covid, bisogna fare un plauso ad una categoria – i docenti – che sta vincendo una scommessa molto importante, come quella dell’assicurare la continuità didattica attraverso i mezzi della DAD, pur tra mille difficoltà di vario genere, visto che la chiusura delle scuole è stata repentina il 5 marzo e visto che nessuno era preparato a dover affrontare una siffatta grave emergenza.
Certo, non mancano i limiti ad un processo, che deve essere meglio normato nella dimensione giuridico-contrattuale, ma non si può negare il lavoro finora svolto, peraltro coronato dalla stima sociale che è migliorata in modo netto verso i professionisti dell’insegnamento ed il mondo della scuola più in generale.
Noi tutti, naturalmente, non possiamo che auspicare che a settembre le cose possano tornare alla normalità (o quasi), facendo rientro nelle aule scolastiche e, dunque, alla didattica frontale che rimane, pur sempre, il migliore mezzo sia in termini di ricadute scientifiche, che educative.
Se così fosse, questo periodo sarebbe servito non solo ad arricchire le competenze tecnologico-informatiche dei docenti, ma anche a prefigurare orizzonti possibili di ricerca docimologica e pedagogica.
Tutti ben sanno che due sono i settori fondamentali per la crescita della società: la Sanità e la Pubblica Istruzione, che consentono alle persone di crescere in termini fisici e spirituali.
Bene, gli operatori scolastici – senza enfasi – hanno svolto un lavoro prezioso, non meno di quello di infermieri e medici, che hanno garantito la salute dei cittadini.
Infatti, con i mezzi della Dad non solo hanno contribuito a non interrompere il flusso di conoscenze e di informazioni verso i discenti, ma soprattutto hanno contribuito a creare un clima di normalità – per quanto possibile – evitando che gli alunni, in particolare quelli più piccoli di età, subissero un trauma dal cambiamento repentino di vita e dal venir meno della dimensione scolastica condivisa con i propri coetanei e compagni di gioco.
Dopo la fine di questa esperienza, si faranno tutte le analisi ed i monitoraggi possibili, ma invero questo risultato – che è già un dato di fatto – costituisce un esito importante per i nostri educatori, che hanno dimostrato di essere professionalità di cui l’intero Paese deve essere fiero ed orgoglioso.