L’inaugurazione dell’Expo segna un fatto importantissimo per il nostro Paese, che, dopo un periodo molto lungo di crisi, può finalmente tornare alla ribalta internazionale per un evento, che, per i prossimi sei mesi, porterà l’Italia ad essere oggetto degli sguardi curiosi del mondo intero.
Le polemiche intorno all’Expo sono già state copiose e, certamente, da qui ad ottobre, esse continueranno, in particolar modo qualora dovessero trovare fondamento in indagini della Magistratura, volte a riscontrare eventuali irregolarità o dati che, comunque, potrebbero avere un profilo interessante per i giudici inquirenti.
Non ci interessa, però, investigare in tale sede quest’aspetto, anche perché speriamo che la buona riuscita dell’Expo possa cancellare i ritardi, che finora ci sono stati, ed i limiti, che inevitabilmente hanno caratterizzato la fase, immediatamente, precedente all’inaugurazione.
Certo è che il contesto storico, nel quale l’evento nasce, non è dei più favorevoli: noi non possiamo conoscere a-priori l’impatto, che l’Expo potrà avere sull’economia italiana, ma si può ipotizzare che esso rappresenterà, comunque, un’iniezione di fiducia per un sistema produttivo – come il nostro – che ha bisogno di una prestigiosa ribalta internazionale, da cui ripartire.
Evidentemente, l’immagine di per sé non basta, ma in una società, come quella attuale, che vive sullo strapotere della comunicazione, essere in grado di organizzare un evento di tale importanza costituisce, senza dubbio, un titolo di merito per le classi dirigenti italiane, accusate – a torto o a ragione – di essere state pigre ed indolenti nel corso degli ultimi anni.
Peraltro, l’inaugurazione dell’Expo coincide con il momento più critico del Governo Renzi, visto che il Premier, pur avendo ottenuto la fiducia sull’Italicum, ha visto sciogliersi in poche ore il suo partito, ormai privo del contributo dei notabili, che lo hanno guidato nei decenni precedenti e che, con grande coraggio, hanno votato contro il provvedimento, voluto fortemente dal Premier, nonché Segretario Nazionale dello stesso PD.
Pertanto, l’effervescenza economica, che dovrebbe attivare l’appuntamento milanese, si accompagna ad un’instabilità di fondo del nostro sistema politico ed istituzionale, che non è in grado di realizzare – non solo – atteggiamenti unitari in momenti di crisi, ma soprattutto si dimostra assai fragile, quando vengono messi seriamente in discussione i fondamenti costituzionali della convivenza democratica.
La notizia principale dell’altro giorno è, infatti, rappresentata da un editoriale – straordinariamente lucido – del direttore uscente de Il Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli, che ha usato aggettivazioni molto forti nei riguardi del Premier, paragonandolo ad un caudillo dell’America meridionale.
Orbene, un tale giudizio – molto autorevole, vista la fonte – è la migliore cartina di tornasole del Paese in questo delicato passaggio storico: i gruppi dirigenti italiani esprimono un alto livello di litigiosità reciproca, che invero non fa bene alla nazione.
Una siffatta – e pur – legittima polemica fra distinti poteri della società è, peraltro, molto significativa, perché dimostra che, a fronte della straordinaria forza economica e mediatica del potere finanziario e giornalistico, ci troviamo in presenza di una debolezza cronica della politica nazionale, che cerca appunto una forma di riscatto con delle improvvide fughe in avanti, come quelle renziane in materia di legge elettorale o di Jobs Act o di riforma della Scuola pubblica.
Il Paese, di questo passo, rischia per davvero di fondersi come neve al sole e nessun evento, seppur di importanza unica, come l’Expo milanese, sarà capace di tenere insieme molti milioni di Italiani, le cui condizioni di vita saranno sempre più diverse le une dalle altre.
Pertanto, al di là della pur giusta operazione di maquillage, sarà opportuno nei prossimi mesi ipotizzare una crescita reale del tessuto civile, che non si regga solo su eventi sporadici, benché di rilievo internazionale impareggiabile.
Altrimenti, si accentuerà la condizione attuale di un Paese a due (o più) velocità: quella dei poveri sempre più poveri e quella dei ricchi sempre più opulenti ed, analogamente, quella di un potere economico sempre più forte e radicato nei suoi interessi egoistici e quella di un potere politico che, con atteggiamenti da mera macchietta teatrale, cerca di colmare il gap di autorevolezza con i centri decisionali, effettivamente, rilevanti della nazione.
L’Expo potrà essere un’occasione unica di crescita del nostro brand nazionale nel mondo o l’ultimo canto del cigno, prima di un’inesorabile decadenza.
Speriamo, per davvero, che lo spirito italico prevalga e che sappia rinascere, anche questa volta, dalle ceneri morali ed istituzionali.