di Floriana Tortora
Ve lo immaginate voi il calcio senza i suoi tifosi? Lo stadio senza i cori, senza la curva che salta e canta e spinge la squadra, senza i colori delle bandiere?
Uno stadio senza quei “personaggi”che la partita manco la guardano perché loro vanno lì per “sostenere” una maglia, un ideale?
O senza quei “malati” di passione che, nel giorno di riposo, si svegliano all’alba per andare a preparare le coreografie,
quelle che vi fanno emozionare e sentire fieri quando si parla della vostra curva o del vostro tifo in tutto il mondo?
Io no, non so scindere il calcio dal suo tifo e per questo non riesco a capire come si possa pensare di trasformare il luogo della “passione” per antonomasia, lo stadio, in uno spazio asettico, silenzioso, ordinato e composto.
Eppure, col nuovo regolamento d’uso dello stadio San Paolo, la direzione presa, almeno a Napoli, pare essere proprio quella dello “stadio-teatro”.
Il regolamento d’uso, in realtà, esiste già da alcuni anni, mentre è del tutto nuova la ferrea applicazione delle sanzioni nei confronti dei tifosi,
rei di aver infranto divieti che definire “ridicoli” è puro eufemismo.
Il pugno di ferro verso i tifosi sarebbe iniziato dopo una recente riunione del G.O.S. (Gruppo operativo sicurezza) tenutasi per stabilire le norme di comportamento da osservare all’interno del San Paolo.
Da quel giorno sarebbero cominciate a fioccare multe per i trasgressori di tutta una serie di nuovi e singolari divieti: sventolare una bandiera, lanciare i cori di sostegno appoggiati ad una balaustra o, ascoltate bene, occupare un posto a sedere libero ma non corrispondente al posto assegnato sul biglietto.
Questi sono solo alcuni dei divieti imposti ai fruitori dell’impianto di Fuorigrotta ma bastano per dare senso ad una scelta, dolorosa quanto inevitabile, dei gruppi della curva storica del tifo napoletano: la curva B.

La scelta, come si può evincere dal volantino diffuso dagli ultras della curva B, è quella di “abbandonare”, almeno per il momento, la tanto amata gradinata azzurra.
C’è da sottolineare che questa battaglia per la libertà del tifo, stigmatizzata anche dall’ultimo striscione apparso in curva b martedì scorso, è una lotta che vede protagonisti gli ultras ma che non riguarda solo loro, bensì ogni singolo tifoso che metta piede al San Paolo, in curva come in tribuna.
Tutti possono essere, ad oggi, inconsapevoli trasgressori delle norme d’uso: per aver bevuto il classico Borghetti, per essersi intrattenuti sulle scale a chiacchierare o per aver indossato sciarpa e occhiali da sole al tornello di accesso.
Come se non bastasse, la sanzione amministrativa è nulla se confrontata al D.A.Spo. (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive) che scatta addirittura automaticamente al secondo divieto infranto nella stessa stagione.
Siamo, insomma, in una situazione surreale e grottesca in cui si va allo stadio col timore di vedersi recapitare a casa, qualche giorno dopo, una multa di qualche centinaia di euro per aver commesso reati assolutamente “fantasiosi”.
E tutto ciò avviene nonostante la volontà, sempre più spesso dichiarata, di riportare allo stadio le famiglie. Ah, famiglie con figli abbastanza grandi perché anche introdurre passeggini è vietato.
Nell’attesa dell’applicazione di un po’ di buon senso, speriamo che il sacrificio della curva B possa essere il più breve ed efficace possibile: il calcio non ha senso di esistere senza il calore del suo tifo; lo stadio non può vivere senza il colore delle sue bandiere.