di Rosario Pesce
Il provvedimento legislativo, appena varato dalla Camera dei Deputati, che impone il controllo biometrico per verificare la presenza in servizio dei dirigenti scolastici, non può che far discutere, visto che fa nascere una seria riflessione sia di natura politica, che tecnica.
In primis, ci si chiede il senso di un provvedimento per una categoria di professionisti, il cui contratto nazionale prevede una retribuzione in funzione degli obiettivi conseguiti e non meramente delle ore di servizio.
Peraltro, non sfugge a nessuno che gli obiettivi sono molteplici: quelli nazionali, quelli fissati dall’USR competente, quelli previsti dal Rapporto di Autovalutazione dell’istituzione scolastica presieduta e quelli, infine, del contratto individuale di lavoro, a fronte di un numero di ore che si può calcolare in media in non meno di dieci al giorno, comprese le domeniche e le festività che sono riportate dal calendario civile e da quello scolastico regionale.
Inoltre, non sfugge il fatto che la dirigenza scolastica, nata per effetto dell’introduzione del regime di autonomia delle scuole, sia l’anello debole della dirigenza pubblica, visti i livelli di retribuzione e visto che il dirigente scolastico riceve un numero minore di tutele dal potere politico rispetto all’omologo del settore sanitario o di quello degli Enti Locali.
Ed, allora, perché un provvedimento simile, che non va incontro ad un’esigenza di controllo derivata dal contratto e che potrà, in futuro, subire una verifica di legittimità costituzionale da parte della Consulta?
Si sa bene che le forze parlamentari, che oggi governano il Paese, hanno contestato assai duramente a suo tempo la legge n. 107, voluta da Renzi, accusandola di mettere nelle mani della dirigenza scolastica un potere eccessivo e delle prerogative pericolose per l’ordinamento giuridico vigente.
Orbene, forse il provvedimento dei giorni scorsi è la ritorsione per gli eccessi di qualche dirigente scolastico che, per davvero, ha creduto nel recente passato di essere un Superman e di poter arbitrariamente decidere dei destini dei suoi subordinati?
Non sarebbe, invero, cosa elegante se fosse così: perché far pagare ad una categoria intera gli eccessi di qualche collega, che è andato – eventualmente – oltre i limiti del Codice Civile e/o di quello Penale?
E, quindi, perché mortificare il povero dirigente scolastico, costretto a misurare con un’impronta digitale ciò che non si può misurare?
Vediamo un po’ la giornata modello di un ds.
Ideazione e redazione con i propri collaboratori degli atti amministrativi necessari per la conduzione della Scuola; visita ai plessi per verificare le condizioni di sicurezza o le eventuali lamentele di qualche genitore; partecipazione agli organi collegiali, che presiede tutti ad eccezione del Consiglio di Istituto; partecipazione ad incontri collegiali di formazione ed a convegni; incontri con gli altri colleghi e con i rappresentanti delle istituzioni e dei soggetti associativi, che insistono sul territorio di competenza; studio ed approfondimento individuale delle novità legislative; incontri periodici con i docenti referenti e visite alle classi.
Insomma, un impegno continuo e costante, che il legislatore vorrebbe ridurre in un gesto quotidiano, che molte volte non sarebbe neanche possibile, visto che il ds molto spesso, per ragioni di lavoro, è lontano dal proprio Ufficio.
E, quindi, la domanda sorge spontanea: perché questo intendimento vessatorio verso il ds?
Peraltro, non sfugge un fatto: qualora pure un ds fosse un lavativo e si applicasse molto meno dei suoi colleghi, ciò non lo solleva dalle sue responsabilità civili, penali, erariali, disciplinari, visto che le stesse – per legge – non sono delegabili a nessuno, perché solo in capo al ds ricade il potere di rappresentanza legale dell’Ente che presiede.
Ed, allora, come si spiega un furore simile?
Forse, si vuole riportare la sfera della dirigenza scolastica entro quella più ampia dello spoil system politico, visto che di tutte quelle della Pubblica Amministrazione rimane, tuttora, la più autonoma?
Se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un fatto grave, contro il quale tutte le categorie sindacali dovrebbero manifestare, perché sottrarre quote di autonomia all’operato dei ds, equivarrebbe costruire una Scuola pubblica meno indipendente dal potere politico ed in particolare dal suo vertice, cioè dall’Esecutivo.
Crediamo, invero, che il provvedimento potrà far ravvedere moltissimi operatori scolastici e fette importanti della pubblica opinione nazionale, creando un livello di attenzione rilevante intorno ad un processo che, certo, non si concluderà a breve.