L’inizio delle Olimpiadi brasiliane cade in un momento storico precipuo per il nostro Paese; infatti, l’estate del 2016 sarà ricordata per l’esplosione – di nuovo – di un conflitto interno, che si manifesta in forme diverse.
Dai docenti, che protestano contro la legge che regola i trasferimenti nel mondo della scuola, agli operai che – in taluni casi – occupano le fabbriche che stanno per essere dismesse, pare che questa estate sia, per davvero, caratterizzata dalla dialettica sociale, per usare un’espressione tipica del linguaggio della politica e del sindacato.
Orbene, in simile contesto cadono le Olimpiadi che, per quindici giorni, ineluttabilmente catalizzeranno le attenzioni degli Italiani, che trascorreranno – si pensa – numerose ore davanti alla tv ad ammirare le prodezze dei nostri atleti, impegnati in un evento sempre memorabile, quale può essere la manifestazione olimpionica, peraltro particolarmente affollata di nazioni e di concorrenti.
Ovviamente, in tale situazione, il Presidente del Consiglio, reduce da molte sconfitte elettorali e politiche, non può che trovare un momento di conforto per sé e per il suo Governo traballante: non è un caso se egli ha invitato gli Italiani a godersi questo evento, che si ripete solo ogni quattro anni, ed a dimenticare tutti gli elementi di frizione, che pure caratterizzano la società del nostro Paese.
È molto probabile che, complice il caldo di agosto, gli Italiani per qualche settimana metteranno da parte i fattori di divisione, per identificarsi nelle prodezze del nuotatore o del cestista di turno, ma poi a settembre, alla ripresa lavorativa, tutti gli elementi di frizione torneranno in piedi inesorabilmente ed, allora, sarà necessario non solo essere in grado di affrontare l’emergenza, ma sarà d’uopo essere capaci di progettare e programmare un futuro migliore per un Paese, che è attraversato da troppe frizioni e da tanti fattori centrifughi.
Allora, Renzi, che si sta godendo le vacanze brasiliane, dovrà pure fornire una risposta agli Italiani esodati, a quelli che sono rimasti senza lavoro o a quelli che lavorano senza le ovvie e meritate gratificazioni, che pure sono necessarie per quanti, ogni mattina, escono di casa per dare il loro prezioso contributo alla crescita di una nazione, che da tanto, troppo tempo non ha più riferimenti, morali e politici, ampiamente condivisi.
Lo spirito olimpionico prevede che sia prevalente il conato alla partecipazione piuttosto che l’istinto innato al primato o al successo: orbene, tale spirito forse dovrebbe tornare ad albergare negli animi dei nostri connazionali, moltissimi dei quali, espulsi dai processi produttivi o non messi nelle condizioni di lavorare in modo proficuo, rischiano di essere esclusi da una società, che – a volte – è inclusiva solo in linea di principio, ma non lo è nella concretezza e nell’efficacia quotidiana.
Riusciremo a rialzarci tutti insieme o soccomberemo esausti come il maratoneta, che crolla a pochi chilometri dal traguardo?