di Rosario Pesce
Crediamo fermamente che, nel conflitto russo-ucraino, sia arrivato il momento della pace e che, certamente, non può protrarsi ulteriormente la condizione degli ultimi venti giorni, se non si vuole assistere ad uno stillicidio per tutti, non solo per le popolazioni che sono sotto i bombardamenti e che cercano di salvarsi, abbandonando la propria terra natia ed andando incontro ad un futuro molto incerto.
Ma, come si può giungere all’agognata cessazione del conflitto?
Su questo punto, le opinioni non possono che essere diverse.
Forse, abbandonando l’Ucraina al suo destino, facendo sì che il conflitto finisca per l’evidente disparità delle forze in campo?
Oppure, andando incontro alle richieste del Presidente ucraino, imponendo da parte della Nato, nell’area delle ostilità, la cosiddetta “no-fly zone” e, quindi, dichiarando guerra di fatto a Putin?
O, ancora, inasprendo ulteriormente le sanzioni ed i sequestri ai danni degli oligarchi russi, sperando che questi possano determinare un colpo di Stato a Mosca, per evitare di essere colpiti nei loro interessi economici vitali?
Certo è che Putin ha intuito un aspetto non secondario della guerra: se è vero che le vicende militari, comunque, vedono una resistenza da parte degli Ucraini, è anche altrettanto vero che l’Europa nelle prossime settimane andrà in forte difficoltà perché l’altissimo numero di profughi, che si stanno muovendo verso Ovest, non potrà che determinare problemi di ospitalità nel vecchio continente, che si troverà a fronteggiare un’emergenza umanitaria senza precedenti.
È evidente che la guerra si è già estesa ben oltre lo scenario odierno delle vicende militari e che finanche i Paesi, che stanno cercando di tenersi fuori per timore di un allargamento incontrollato della conflittualità, sono invece immersi pienamente nel clima bellico.
L’innalzamento, infatti, dei prezzi del carburante e la progressiva scomparsa di molte tipologie di prodotti alimentari dagli scaffali dei nostri supermercati dimostrano come l’effetto psicosi si avverta già in Occidente e questo è già compiutamente un segno che, direttamente o indirettamente, siamo tutti attori di un conflitto né voluto, né ricercato.
Ed, allora, la diplomazia si dia da fare per indurre Putin a fermarsi: potremmo essere all’alba di una nuova fase storica, che può portarci a conseguenze che, fortunatamente, furono evitate ai tempi della Guerra Fredda e che, purtroppo, in modo inquietante si prospettano oggi di fronte ad una guerra, che non è meramente un conflitto localistico, come quelli che pure si sono consumati sul suolo europeo dopo la caduta del Muro di Berlino.