L’hanno chiamata “operazione di trasparenza” la decisione di pubblicare online le retribuzioni lorde e i curriculum di dirigenti e giornalisti della RAI. La strada della trasparenze è stata battuta tempo prima dalla riforma della governance approvata il dicembre scorso che di fatto indirizzava la volontà del servizio pubblico verso questa posizione.
In una particolare sezione del sito della RAI sono state pubblicate non solo le belle cifre dorate di giornalisti e dirigenti il cui compenso supera i 200 mila euro ma anche i requisiti di reclutamento e i curricula di questi signori.
Ora noi comuni mortali apprezziamo questa volontà di renderci partecipe del gran flusso di danaro che scorre nelle tasche di questi professionisti di viale Mazzini, ma una domanda sorge, non spontanea, ma proprio umanamente sentita: che meccanismo ancestrale si mette in moto nella professione di questi giornalisti e dirigenti così pronto a sfornare fior fiore di quattrini?
Probabilmente dovremmo attrezzarci a studiare per bene quei famosi requisiti di reclutamento di cui si parlava all’inizio.
Facciamo un po’ di nomi giusto per intenderci.
L’amministratore delegato Campo Dall’Orto guadagna 650mila euro, la presidente Monica Maggioni 270mila. Tra gli altri, l’ex direttore del Tg2 e di Raiuno Mauro Mazza percepisce 340mila euro annui, il notista politico del Tg1 ed ex deputato Francesco Pionati 203mila euro. L’ex dg Alfredo Meocci 340mila, Carmen Lasorella 204mila. Anna La Rosa, un tempo direttore di Raiparlamento, percepisce 240mila euro, Bianca Berlinguer, direttore del Tg3, 280mila euro. L’ex del Tg1 Tiziana Ferrario 238mila euro. Il direttore di Rai3 Daria Bignardi guadagna 300mila euro, il direttore di Raisport, Gabriele Romagnoli, ha un compenso di 230mila euro. [fonte tgcom24.it]
La pubblicazione di queste cifre risponderebbe, oltre che alla legge, al desiderio di rendere quanto più facili e comprensibili – ma si potrebbe aggiungere digeribili – tutti i dati aziendali del servizio pubblico comprese le informazioni che riguardano le attività del cda, le assegnazioni degli appalti e gli investimenti.
La pubblicazione ha però evidenziato nella maniera più esplicita possibile i grossi sprechi di denaro e ha destato non poche critiche.
Quando questo mese ci ritroveremo in bolletta quei 70 euro del canone RAI quelle cifre scritte poco prima ci salteranno agli occhi in maniera più evidente. Perché a pagare quei dirigenti e quei giornalisti del nostro agognato servizio pubblico sono i cittadini, proprio quelli che dal binocolo forse riescono a vedere un quarto di quelle cifre.
In Italia vige una legge che detta un tetto limite agli stipendi dei dirigenti stabilendo questo a 240.000 euro.
Grazie ad un cavillo politico-economico è stato possibile aggirare questo limite e permettere di bruciare milioni di euro.
La domanda umanamente sentita resta aperta e tutte le possibili obiezioni che potremmo fare sarebbero in qualche modo giustificate, anche perché a detta di molte testate giornalistiche – poco inclini alla neutralità dell’informazione – le varie critiche sollevate verrebbero rimandate al mittente “cit.”