di Alessandro D’Orazio
Svizzera, Lussemburgo o San Marino sarebbero risposte troppo scontate per chi è alla ricerca di agevolazioni fiscali in seno al vecchio continente. È la Repubblica di Malta in realtà la nuova terra promessa che tutti guardano con favorevoli auspici. Soprattutto gli italiani, in considerazione della vicinanza territoriale con l’isola, hanno effettuato investimenti consistenti, trasferito i propri affari o aperto nuove società in questo piccolo lembo di terra del Mediterraneo.
Accanto agli imprenditori che hanno creato o trasferito attività reali, si è mosso in parallelo il consueto esercito di emigranti del fisco, quelli del lusso per intenderci, in cerca di particolari sgravi fiscali non rinvenibili altrove. Tra i vari personaggi con in ballo affari sull’isola è noto che vi siano politici, manager, industriali, finanzieri, gente di spettacolo e anche un gran numero di appartenenti a clan mafiosi. Di inchieste giornalistiche sull’argomento nel corso degli ultimi anni ve ne sono state a bizzeffe, ma il loro effetto mediatico è stato spesso poco incisivo.
I cosiddetti “Malta Files” non hanno mai sortito le stesse conseguenze dei ben più celebri “Panama Papers”; eppure all’interno di queste liste elettroniche divulgate dalla stampa figurano quasi mezzo milione di nomi, appartenenti ad una sessantina di nazionalità diverse.
Dai dati in questione è stato possibile apprendere che l’Italia è il Paese straniero più rappresentativo con quasi ottomila società maltesi controllate da azionisti italiani. Di questi, però, un gran numero non è mai sbarcato nel piccolo Stato europeo, utilizzando Malta solo per ridurre ai minimi termini il conto delle tasse. C’è da dire poi che negli ultimi anni è stato lo stesso governo di La Valletta a prodigarsi affinché facoltosi investitori stranieri creassero società sull’isola, stendendo loro un vero e proprio tappeto rosso.
Solo per fare un esempio l’aliquota sui profitti d’impresa ufficialmente al 35 per cento può scendere fino al 5 per cento a determinate condizioni, non troppo difficili da soddisfare. Sono inoltre esentasse molte altre voci del conto economico, come gli interessi incassati sui prestiti o le royalty maturate grazie a brevetti o marchi. Navigano liberi (o quasi) dal Fisco anche gli yacht dei ricchi stranieri che li hanno intestati a società maltesi. Dal canto loro i maltesi comunque rimangono sulla difensiva: “Non siamo uno Stato off-shore”, sentenzia il governo di La Valletta. Ma le istituzioni europee, dopo anni di notevoli disattenzioni, sembrano aver acceso i riflettori sul problema.