di Mario Aiello
In Italia è divenuta prassi una pericolosa pratica da attuare in ambito politico. Si tratta della sofisticata arte del creare un precedente. Fatta una volta la forzatura, viene automaticamente sdoganata, come se nulla fosse, tra leggeri borbottii di facciata e ostruzionismo zero. Meccanicamente accettata, sia nei palazzi che per la strada tra la gente comune, la nuova regola rinfranca i cuori dei suoi ideatori e svuota le coscienze di chi crede ancora nell’opera politica. Alla faccia di chi magari osa contestare. Si liquefa così quel labile senso di vergogna che dovrebbe apparire sui volti dei protagonisti. Nascosti dalla filastrocca “è costituzionalmente consentito”. Tanto da osare ancora e ancora, spingendo sempre più in là il limite della dignità politica che dovrebbe essere uno dei presupposti cardine su cui fondare l’operato nella cosa pubblica. Alcuni sono tenuti anche a giurarlo prima di firmare il loro impegno negli organi di governo. Per estensione sarebbe opportuno che anche la truppa al seguito si accodasse, e invece.
Napolitano – Mattarella. 2 a 2. X e over la giocata vincente.
Accadde in primis per Napolitano: rieletto senza suspance alcuna, ma va detto che immediatamente si mosse in una pubblica fustigazione del parlamento, incapace di assumersi la responsabilità di indicare un nuovo Presidente. Tutto mentre gli stavano ancora sistemando la corona sul capo e il mantello rosso sulle spalle. Ovviamente quel governicchio era anche figlio delle decisioni dell’emerito, e seppur la strigliata fu cocente e memorabile, non fu altro che una formalità per pulirsi un po’ tutti la faccia di fronte al paese. Aria fritta. Poi lasciò quando il successivo nuovo esecutivo ebbe la pietà di dire “ok, ora abbiamo diversa maggioranza e possiamo tentare una via per eleggerne un altro”. Decidendo da sé che il secondo mandato poteva finire secondo un suo desiderio. Amen.
Non fu poi meno travagliata la nascita del Mattarella 1. Anno 2022, termine del settennato e il gioco si ripete. Stesso epilogo per il Mattarella 2, ma lo scempio è peggiore, se possibile. Non per la rielezione di Mattarella in sé – che pure aveva fatto intendere a più riprese che non ci fossero margini per un altro giro di giostra – ma per il teatro dell’orrore a porte aperte che ne è scaturito. Una cosa è certa: quando un Presidente della Repubblica mette le mani nella marmellata politica da cui dovrebbe astenersi per costituzione, oltre i suoi effettivi poteri e doveri, succedono sempre e solo catastrofi. Mentre Napolitano aveva favorito e forzato la famosa concezione di “governo di unità nazionale” (sulle cui storture si potrebbero stilare decine di tomi storiografici) dando vita a veri e propri Frankenstein politici; Mattarella ha addirittura fatto meglio, forse l’unico neo del suo diligente operato: il governicchio l’ha proprio instradato e benedetto quando, per il capriccio di pochi il Conte 2 si concluse nonostante la maggioranza relativa alle camere. Mattarella chiamò Draghi. E di lì il celebre “governo dei migliori”, che a loro insaputa è man mano divenuto “governo dei migliori?”, col punto interrogativo, poi “governo dei meno peggio?”, sempre col punto interrogativo, fino a raggiungere il più consono “governo dei peggiori”.
E qui forse ci starebbe bene un punto esclamativo. Il giusto epilogo per una compagine più attenta alla (s)corretta spartizione dei milioni del PNRR che ad altro. La ressa per stare tutti dentro e chi se ne frega con chi, basta essere al governo. Relegando ai soli Fratelli d’Italia il vero o presunto ruolo di opposizione. Nemmeno tanto feroce in verità. Non è un caso se la prima trance di denari dall’Europa stia trovando più di un contrattempo sul proprio tragitto verso l’Italia. Ma questa è un’altra storia. Tragica, ma un’altra storia. Qualcuno credeva davvero che in un anno scarso il salvatore della Patria, Mario Draghi, chiamato a sottrarci dalle grinfie dell’apocalisse totale potesse realmente mettere tutto a posto e passare allegramente da Primo Ministro a Presidente della Repubblica? Lasciando poi la nave a chi? Siamo ancora in pandemia e, qualcuno se ne sarà accorto, il peggio deve ancora venire. Almeno economicamente. Mentre continuano a morire centinaia di persone ogni giorno a causa del Covid. Chiaro, il faro ora va tenuto puntato sull’operato politico, che risulta però deludente.
I giorni della Mer…la
In circa dieci giorni abbiamo, da cittadini increduli, assistito al peggio del peggio della politica. L’evidente incapacità dei partiti e dei loro leader di affrontare un meccanismo costituzionale con la responsabilità e il decoro che richiede. La sedicente maggioranza di destra che propone, pospone e decompone nomi in offerta, come fossimo al supermercato. Anche a tre a tre. Non senza essere dapprima tenuti in ostaggio per almeno una settimana alla ricerca del numero magico al fine di tentare la scalata allo scranno più prestigioso di uno dei più improponibili. E vabbè, bisognava accontentare le mire espansionistiche di un megalomane, visti i precedenti. Peccato per la decimazione successiva: personalità più o meno eccellenti bruciate come carta straccia alla grigliata di ferragosto. Ma sembra che stare in panciolle, al mare, sia una pratica molto ben conosciuta ed apprezzata da alcuni dei loro leader.
I risultati si vedono. Ecco perché puntano alla Casellati e si ritrovano con decine e decine di voti delle loro fila dispersi. Mentre a destra spettava, forse, l’insano compito di fare i nomi, sempre per quella sedicente maggioranza “blu” in parlamento, a sinistra ci si gongolava nel brodo di giuggiole di renziana memoria. Cioè, quando in minoranza, sono sempre e solo gli altri a dover agire, nella speranza che qualcuno si suicidi politicamente proponendo cose innaturali, e così giocare di rimessa. In quel caso poi l’appoggio scatta da solo. È un automatismo che serve a preservare il letargo cognitivo di cui sono dipendenti. D’altronde non abbiamo memoria di intraprendenza da questa parte delle camere da almeno trent’anni. Il crogiolo d’oro dell’invocare il cambiamento, cambiando di fatto solo gli esponenti di vertice, continuamente, senza alcuna leadership precisa. Poi ci lamentiamo se un manipolo di ex, capeggiati da un altro ex, riesce a far cadere governi. Manco i gatti che tirano giù gli oggetti dalle mensole.
Nel frattempo che uno li conta, qualcuno li butta giù, poi qualcun altro li va a riprendere per ricontarli ed ecco che ne mancano di altri, tirati giù a a loro volta. Difficile contare così. Per le meraviglie derivanti dalla sublime legge elettorale vigente al giorno d’oggi, e tutti dobbiamo ringraziare Ettore Rosato per questo, il terzo polo (in)decisionale spetta ai figli del V-Day. Il capo politico della rinnovata truppa disciolta tra epurati, gruppo misto e circoli ricreativi fantasy, si è trovato a galleggiare tra le sponde. Mentre millantava non si è capito bene quali meriti. I demeriti invece, e per fortuna, sono stati chiari fin da subito. In questo miasma politico, pure questo è un risultato. Si doveva creare una forte identità di centrosinistra assieme ai partiti che ne detengono attualmente il certificato di nascita, e invece pure loro sono implosi nelle più tristi beghe interne. Come passare dall’antipolitica volta a distruggere i criteri clientelari tipici della seconda repubblica, alla politica costituita esattamente da quei crismi per edificare una terza repubblica a immagine e somiglianza della precedente. Con la consapevolezza di peggiorare, man mano che la trasformazione prosegue. Complimenti. Complimenti soprattutto per aver introdotto in parlamento personalità del tutto irricevibili, ma che fanno benissimo da contraltare agli altri impresentabili portati dentro da tutti gli altri. Almeno si vedono facce nuove. Il non sapere se hai chiesto già a qualcuno perché non lo riconosci o non sai se fa ancora arte del tuo schieramento.
Non è tutto Mattarella ciò che luccica.
La rielezione del Presidente Mattarella è una forzatura. Il voler cambiare tutto, a parole, non riuscendo a cambiare nemmeno il colore dello spazzolino. Questo è grave, non è una boutade. Grave pure le chiacchiere di corridoio sull’attuale Primo Ministro. Innaturale anche solo immaginare che qualcuno venga chiamato nelle vesti di “tecnico” per risollevare le sorti del paese (sempre ammesso che fosse davvero stato necessario), e posto su un binario a termine che esula dalla naturale decorrenza dei termini governativi, al fine di tenergli in caldo ben altro ruolo. Certo, non si può pensare che per uno stallo collettivo ogni attore politico di questa o quella rappresentanza sia, d’un tratto, ipocrita. È cosi dal principio. La politica è solo compromesso ormai, e lo hanno ampiamente dimostrato in questo momento storico. Dovevano eleggere un nuovo Presidente della Repubblica, hanno avviato una crisi di governo nell’ultimo anno di operato, infastidendo anche il salvatore della Patria che voleva fare il salto di qualità. Diciamocelo apertamente. Chi doveva sottolineare le responsabilità dei partiti si è arreso con troppa facilità, è tornato per “rispetto delle decisioni del parlamento”, ma in verità è un povero Cristo che va al patibolo al posto degli altri perché “gli altri” non sono in grado nemmeno di fare una spesa con la lista in mano mandati dalla mamma. Domanda: quanto durerà il Mattarella bis? Se dovesse arrivare a fine mandato, sarebbe un dato quantomeno singolare, trattenere per 14 anni lo stesso Presidente. Se dovesse terminare prima per sua scelta? Come Napolitano un Presidente della Repubblica può decidere arbitrariamente di concludere a suo piacimento il proprio mandato? Qualcosa non va, ma la sensazione è che ne capiremo di più alle prossime elezioni politiche. A naso ritengo che di lì a breve si smuoverà anche il seggio del Quirinale.