– di Ornella Esposito-
Il cronista che collabora con il «Il Fatto Quotidiano» e «La7» minacciato da un boss: “Devo spaccagli la faccia”. Solidarietà da Libera e da tanti colleghi giornalisti.
Trocchia: “Continuo a fare il mio mestiere, con lo stesso impegno”.
Ancora minacce ai giornalisti che si occupano di questioni scottanti come la criminalità organizzata, ma soprattutto degli intrecci tra la malavita, l’imprenditoria e la politica. Questa volta nel mirino di un boss condannato per camorra è finito Nello Trocchia, giornalista che collabora per «Il Fatto Quotidiano», «L’Espresso» e «La7».
Nato nel “paese dei gigli”, Nola, territorio al centro dell’affaire rifiuti tossici in Campania, Trocchia si occupa da tempo delle questioni ambientali (dunque criminali) – ha seguito le vicende giudiziarie di due pentiti eccellenti – ed è autore di due libri su tale argomento. Un cronista con la «schiena dritta», tanto da essere minacciato (“gli devo spaccare il cranio”) perché con un suo articolo ha fatto scattare le indagini sull’organizzazione criminale cui appartiene il camorrista. Le minacce sono state intercettate in carcere durante un dialogo tra il criminale detenuto e suo fratello, tuttavia, come si apprende dal «Il Fatto Quotidiano», testata giornalistica per cui lo stesso Trocchia collabora: “La conversazione è stata intercettata il 10 giugno e subito è scatta l’informativa alla Procura Antimafia. Ma a distanza di un mese non è stata disposta alcuna misura di protezione”.
Riguardo alla vicenda, dal suo blog su «Il Fatto Quotidiano», mediante un post del 9 luglio, il cronista fa sapere che continuerà a fare il suo mestiere, con lo stesso impegno e la passione (autentica, ndr) che da sempre lo muove. E aggiunge: “Per combattere le mafie e la zona grigia del potere serve il contributo di tutti. I giornalisti hanno una responsabilità fondamentale: ce ne sono tanti che raccontano i fatti di mafia, i processi dove sfilano i politici conniventi e gli imprenditori contigui al potere criminale; che denunciano l’affarismo che porta a investire fuori dalle Regioni a tradizionale presenza mafiosa attraverso teste di legno e prestanome. Ma anche la politica può e deve fare molto. La solidarietà fa piacere, ma senza un impegno concreto diventa stucchevole. Troppo spesso nella composizione delle liste elettorali non si sceglie la strada dell’etica pubblica, ma si seleziona la classe dirigente sulla base dei pacchetti di voti, ignorando contiguità e vicinanze”.
Sono 206 i giornalisti minacciati, secondo l’osservatorio Ossigeno, dall’inizio di questo anno, minacce, ma anche intimidazioni, querele, che rendono evidente quanto le inchieste da essi condotte facciano luce sulla verità e colpiscano il cuore del malaffare. Solidarietà è stata espressa da parte di Libera e di tanti colleghi, mentre ancora fresca è la ferita per l’uccisione pochi giorni fa del giornalista radiofonico Filadelfo Sanchez Sarmiento e del blogger Juan Mendoza Delgado, entrambi messicani e colpevoli di provare a raccontare la verità in un paese considerato i più pericoloso al mondo per chi si occupa di informazione.