di Gianni Bianco
Ho letto di buona mattina attraverso i social della scomparsa di Franco Del Prete. Mi è tornata subito alla mente l’ultima volta che ci siamo incontrati al Teatro De Rosa [AB1] di Frattamaggiore per un evento di musica Jazz[AB2] . Scambiammo qualche parola, alla fine l’idea di prendere qualcosa e parlare di musica, come spesso abbiamo fatto, il rammarico in quel momento che non accadrà più.
Franco Del Prete è “l’uomo dei tamburi” come lo definì Ilaria Urbani in un bellissimo articolo dalle pagine di Repubblica dopo la recensione e l’uscita de “L’ultimo apache”. La sua arte, iniziata con gli Showmen insieme a Mario Musella, James Senese, Elio D’Anna, proseguita con “Napoli centrale”, gruppo jazz-rock che ancora oggi vive . Il successo del binomio Senese-Del Prete è nella storia della musica Rock italiana, e ascoltando ancora oggi un pezzo come “Campagna”, si ha la misura dell’energia e la qualità musicale espressa in quella pietra miliare che è e rimane l’album “Napoli centrale”.
Ero un ragazzo allora, parlo degli anni 70’, il disco lo comprai e lo ascoltai di continuo, come un carma lo cantavo e ne assorbivo il sound. A Frattamaggiore nei primi anni 80’, allo stadio comunale, il concerto di Napoli centrale, insieme ad una folta colonia di fans casoriani ammirai lo spettacolo di suoni e assoli, Franco fu magistrale.
Franco Del Prete è stato anche un brillante autore. Gino Paoli, Peppino Di Capri, Eduardo De Crescenzo, Raiz degli Almamegretta, Enzo Avitabile, Lucio Dalla, Tullio de Piscopo, Pino Daniele e Peppe Barra, di cui ricordiamo la bellissima “Dimane” tra quelli che hanno beneficiato della poesia dei suoi testi.
Capitolo a parte la collaborazione con Enzo Gragnaniello e l’album “Radice”, lavoro firmato Sud Express-Enzo Gragnaniello che oso definire una delle opere più belle scritte ed eseguite in Italia, basta cominciare dal brano “Ma si ce stesse’ a ricchezza” per comprendere il perché di tale giudizio. Quando iniziò la sua collaborazione con Enzo Gragnaniello per l’album Radice intervistai di nuovo Franco Del Prete, e la cosa che mi colpì fu la freschezza di idee, l’entusiasmo con cui affrontava ogni nuova esperienza e il piacere di parlarne. Anni fa il 18 gennaio del 2010, organizzai e presentai, insieme al grande Lino Vairetti, leader e cantante degli Osanna, la presentazione de “L’ultimo apache”, al Business di Casoria.
Era una fredda mattina di domenica e in una sala gremita di amanti della musica, Franco Del Prete alla batteria, Piero Gallo alla mandola, Francesco Iadicicco e Paola de Mas voce, scaldarono l’ambiente in una performance ricca di emozioni. L’intervista, parlo dell’ultima, la registrai. Restammo due ore a parlare di musica davanti ad un caffè, ma discutemmo anche del mondo, dei figli del mondo, di come è cambiato. Cosa ci lascia oggi Franco Del Prete? Un patrimonio di frasi profonde come il mare, basta ascoltare le canzoni di cui è stato autore.
La sua musica si può definire jazz-blues-etnica-napoletana, ma soprattutto dell’anima. L’inciso dei colpi sui suoi tamburi, lo scroscio di spazzole sui piatti, le sue smorfie mentre suona. Franco i suoni sembra estrarli dalla batteria, li tira fuori ad occhi chiusi in espressioni di gioia e dolore, a volte in estasi, mentre con il suo strumento entra in simbiosi, diventandone una cosa sola.
Oggi la pioggia che cade impetuosa su Frattamaggiore, mentre scrivo ,sembra un pianto che cade dal cielo , coprirà il dolore di tanti suoi amici, dai musicisti a quelli di sempre. Ma Franco, con il suo sorriso asciugherà le lacrime di ognuno di noi con quella faccia eduardiana, graffiata ma sempre sorridente. Soprattutto ci lascia Francesco, suo figlio, batterista come lui, che ne continuerà l’opera musicale, e porterà la sua Sud Express nella direzione voluta dal padre, con le evoluzioni che ci aspettiamo…Noi, insieme a tanti altri continueremo a raccontare di un immenso musicista e dell’eredità lasciata attraverso la sua musica e la sua poesia.