Musica Leggerissima: la cover Punk de Gli Atleti

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di Mario Aiello

Quando La cover in chiave Punk Rock di uno degli ultimi tormentoni sanremesi si innalza a manifesto socio-culturale per tenere alta l’attenzione sul dramma della musica live.

Attività azzerate e locali tristemente chiusi.

Musica Leggerissima di Colapesce e Dimartino rivisitata da Gli Atleti non è solo una cover, anzi. Ne parliamo con Maurizio Affuso, cantante della band, che ringraziamo per averci concesso questa chiacchierata.

 

 

Partiamo dalle domande di rito. Chi sono i musicisti dietro al progetto Gli Atleti?

Alla batteria Pellegrino Bosco di Benevento; alla chitarra Raffaele Giacobbone che è di Vitulazio (Ce); al basso il napoletano trapiantato a Caserta Vincenzo De Maria; infine ci sono io, voce e chitarra, Maurizio Affuso di Caserta.

Quando avete cominciato, dove (dati gli eterogenei natali dei componenti) e soprattutto perché?

Tecnicamente saremmo una band casertana, ma ci definiamo campana proprio perché proveniamo da diverse zone della regione. Siamo attivi da più di dieci anni. Lo scopo è sempre stato divertirsi a “coverizzare” in chiave Punk Rock canzoni celebri del panorama italiano. Dapprima è stato uno sfizio, poi la cosa ci ha preso un po’ la mano quando ci siamo accorti di avere un certo seguito nei locali ai concerti. Alla fine abbiamo deciso di mantenere questa linea producendo un disco qualche anno fa. Ma per divertimento, non c’è un lucro o un interesse secondario. Abbiamo deciso di sfornare singoli e video di tanto in tanto per divertirci.

Da dove viene fuori il nome della band?

Ricordo che durante le olimpiadi di Torino, ad un incrocio a Caserta, c’era un cartello che invitava la popolazione a seguire la manifestazione sportiva per sostenere i nostri atleti. Quel manifesto mi colpì a tal punto che il termine “atleti” ha continuato a rigirarmi per la testa. Fino a che non decidemmo di usarlo come nome per il gruppo.

Perché avete preso il sentiero delle Cover in chiave Punk Rock, piuttosto che una produzione originale?

Ognuno di noi proviene da una band con la quale fa già pezzi originali. Io sono cantante e chitarrista degli RFC. Pellegrino aveva un progetto ma ora è turnista professionista. Enzo oltre a suonare con noi, per tantissimi anni ha avuto un altra band sempre punk JB And The Monkey Nuts. Lo stesso per Raffaele. Ognuno di noi ha il suo progetto personale, poi ci incontriamo di tanto in tanto e vengono fuori queste cover. Non è mai stato un impegno malato o ossessivo. Gli Atleti sono come la partita di calcetto settimanale che si fa con gli amici.

Bella questa analogia.

Sì, ogni tanto ci chiamiamo “oh, ho questa cosa che ne dite?”, oppure “no, facciamo quest’altra” eccetera. Un approccio parecchio libero. E deve essere così, altrimenti si perderebbe la magia. Quando ci vediamo in saletta passiamo più tempo a parlare della nostra quotidianità che di come dove arrangiare il pezzo scelto.

Quando abbiamo fatto Sincero, siamo entrati in studio al mattino. Abbiamo ascoltato il pezzo diverse volte, dopo due ore  abbiamo mosso i primi passi, prima di mezzo giorno abbiamo stabilito l’arrangiamento, alle 15 circa avevamo registrato il video e alle 18 avevamo concluso anche la parte audio. In scioltezza.

Le “vittime” dei vostri arrangiamenti vengono selezionate secondo criteri stabiliti o più semplicemente lasciate che sia il gusto musicale a decidere per voi?

Se c’è una canzone che ci piace, “arrangiabile”, proviamo a rivisitarla. Da un paio di anni abbiamo preso ad attingere dalle canzoni di Sanremo. Siamo partiti dalla celebre versione di Morgan del brano Sincero, con Bugo. Il pezzo ha riscosso interesse, culminato con il Trio Medusa che l’ha mandato in onda sul loro programma radiofonico. La cosa si è appena ripetuta con la cover Musica Leggerissima.

Il primo video caricato su YouTube risale all’agosto del 2014, Estate dei Negramaro. A parte il labiale eloquente e auto censurato dei primissimi secondi

Ah, si è capito? (Ride, ndr.).

Beh sì, l’epiteto amabilissimo verso la bella ragazza della scena è facilmente captabile da un partenopeo. È chiaro che vi spinge un forte senso dell’ironia, culminata appunto con la cover di Sincero in versione Marco Castoldi.

Sì, abbiamo una bella impronta ironica. Ci divertiamo, è più forte di noi. I nostri live sono all’insegna dell’ilarità: battute, risate, anche sfottò, passatemi il termine. Sfottiamo gli artisti non per offenderli, ma per aggirare in qualche modo i testi, a volte sdolcinati, rivisti in chiave “diversa”. Come avviene con Musica Leggerissima presentato ieri.

Nel mezzo ci sono anche Controvento di Arisa e Gli Anni di Max Pezzali. Poco meno di un anno fa, Paracetamolo di Calcutta in pieno lockdown, quello tosto di Marzo e Aprile.

Paracetamolo è stata la prima canzone che ci ha in qualche modo costretti a rivedere i nostri metodi di registrazione. In pieno lockdown, con le forti restrizioni, ognuno ha registrato in casa propria. La presenza del tecnico del suono Luigi Pastore, membro degli RFC, fonico di professione, ci ha messo del suo per tirare fuori un prodotto decente partendo da riprese non avvenute in studio ognuno con la propria strumentazione e i propri limiti.

Noi non siamo mai stati molto esperti a riguardo. Io in particolar modo. La fortuna è avere un aiuto di prima mano per finalizzare una produzione che sia godibile per chi ascolta.

Paracetamolo è stato un esperimento. Musica Leggerissima invece ha avuto natali più professionali, nonostante resti di base una registrazione autonoma di ogni strumento.

Il 18 Marzo 2021 avete pubblicato la Cover di Musica Leggerissima, ne abbiamo accennato già in diversi momenti. La canzone firmata da Colapesce e Dimartino è il tormentone sanremese per antonomasia di quest’anno.

Qual è stata la genesi della vostra cover, in virtù del messaggio complesso che avete rielaborato per il vostro video?

Quest’anno ho seguito molto Sanremo perché c’erano molte band che conoscevo e seguivo. Quando ho sentito la canzone di Colapesce e Dimartino ho intuito avrebbe avuto un certo seguito e successo commerciale. Dall’altra parte le ho attribuito un’interpretazione, un significato personale, che non si scontra necessariamente con il significato originario. Ho trovato un accostamento al fatto che la musica c’è, ma c’è pure qualcuno che ce la porta via: ora non si può fare, non si può suonare, i locali devono stare chiusi, i concerti non si possono svolgere e così via.

Non’ c’è alcun dubbio, il testo del brano si presta in modo eccezionale al messaggio sociale e culturale che viene descritto nelle immagini. Alcuni passaggi sembrano stati scritti proprio per denunciare la “morte bianca” della musica dal vivo campana (ma chiaramente estesa a tutto lo stivale e non solo). Qual è la posizione de Gli Atleti nei confronti del totale abbandono in cui versa la macchina dei concerti e dei live in Italia?

Noi personalmente, anche durante il primo lockdown, ci siamo sempre esposti per far sentire la voce degli addetti ai lavori, che sono tra i più colpiti. La faccenda ci investe da vicino proprio perché Pellegrino è un musicista a tutti gli effetti, quindi l’ha sentita più degli altri. Ma anche i proprietari o gestori dei locali menzionati nel video, alcuni sono nostri amici, e loro vivono un dramma. Anche se tutta la musica, in generale, non è mai stata vista in Italia come fonte di cultura, di libertà, di espressione, gioia. In Italia la musica, intesa come aggregazione, da quando il Sars Covid 19 ci ha investito, è vista come uno dei principali vettori di diffusione del virus. Osteggiata perché manifesto di “persone che fanno solo casino”. Mentre in Europa la musica e l’arte sono al centro degli obiettivi culturali delle persone.

Questi locali nel corso del loro lavoro – perché con la musica si lavora, la musica è lavoro – ci hanno dato la possibilità di riempire un venerdì sera, un sabato, investendo di tasca loro, perdendoci buona parte delle volte, ma riuscendo a portare artisti che ci hanno accresciuto culturalmente ed emotivamente. A questi operatori dobbiamo tanto, anche per la sopravvivenza della musica live.

Se un ragazzo domani compra una chitarra e si mette a strimpellare seguendo l’esempio della band che ha visto il giorno prima su un palco, per come la penso io, è un ragazzo che abbiamo salvato.

Il video della vostra cover Musica Leggerissima assume anche un valore per l’impegno sociale?

È stato un gesto per portare l’attenzione su un argomento attuale che crea un disagio piuttosto forte. Nello stesso tempo volevamo strappare un sorriso a queste persone che hanno fatto enormi sacrifici investendo nella loro passione che è la musica dal vivo.

Nel video andate di persona a suonare sull’uscio dei locali storici con le classiche serrande abbassate. Diesis, Lizard, Magazzini Fermi, SMAV, il Morgana, il Frequency. Questi sono solo alcuni dei club tristemente chiusi, promotori di musica live da lustri. Ci avete suonato, cosa avete provato emotivamente nel vederli così, in questo momento di incertezza che probabilmente costringerà qualcuno a chiudere definitivamente?

Il vero playback è stato fatto solo allo Smav, per questioni logistiche. Agli altri abbiamo potuto dedicare solo un balletto ironico per fare una cosa simpatica. Avremmo voluto girare molti altri locali ma le restrizioni vigenti non ce lo hanno permesso, relegandoci ai soli luoghi raggiungibili in base alle norme attive dei momenti in cui abbiamo effettuato le riprese.

Vedere quei locali chiusi, non ti nascondo che mi ha raggelato per certi versi.

Per quanto riguarda il tragico risvolto economico, per privacy e rispetto non faccio nomi, ti anticipo solo che alcuni davvero non riapriranno più. A loro dobbiamo tanto, come musicisti, come pubblico, come amici o semplici estimatori di musica, tipo spugne pronte ad assorbire quanto di buono ci arriva dalla musica dal vivo

Se ne avessero le possibilità e i mezzi, cosa farebbero Gli Atleti in tal senso?

Nel caso ci fosse una riapertura per concerti e serate, saremmo più che disposti a regalare la nostra esibizione a titolo gratuito per far sì che si possano riprendere economicamente. È un’eventualità che avevamo già deciso e che attueremo senz’altro, con l’unica finalità di restituire un po’ di quel supporto sopracitato a quelle realtà che ci hanno sostenuto. Proveremo a dare una mano secondo le nostre possibilità. Di certo una serie di concerti svolti a titolo gratuito, con il giusto seguito, potrebbe dare quel segnale necessario per far tornare un po’ di speranza ad un settore devastato.

Se avessi la sfera di cristallo, secondo te, quando si tornerà a suonare dal vivo.

Purtroppo penso che per tornare alla musica dal vivo come l’abbiamo intesa prima della pandemia, se tutto andrà bene, dovrà passare almeno un’altra estate.

In Campania viviamo una situazione pesante attualmente, quando sarà possibile suonare il problema saranno i pochissimi locali rimasti aperti. Le difficoltà con le quali ho avuto modo di confrontarmi tramite amici, chiacchiere e chat con i gestori o proprietari, ti fanno capire che c’è una sorta di resa nata dal fatto che le spese non si sono mai fermate. Alcuni sono riusciti a trovare accordi privati per il fitto degli immobili, dilazionando il dovuto, ma tanti continuano a pagare, chiusi da un anno. Uno di questi mi ha confessato che nonostante la volontà, non avrà più possibilità di riaprire.

Sentire la frase “non riapro più” è molto triste. Ma anche per i ragazzi, le nuove generazioni, i ritrovi di musica live saranno pochissimi. In alcune province non esisteranno proprio più, restringendo tantissimo le possibilità anche di fruire di spettacoli live.

La musica ormai si guarda. Io attribuisco la colpa ai social, e noi siamo anche una band molto poco social. Non è il “posto” dove ci piace stare. Noi vogliamo stare sul palco. Le persone si stanno abituando a questo modo di “vedere” la musica. Avremo una generazione di pseudo ballerini da tiktok e sempre meno persone con uno strumento tra le braccia.

Ritieni che le nuove abitudini 2.0 stiano allontanando i giovani dalla passione per la musica suonata?

Ti rispondo con un esempio. Io sono tra quelli che è particolarmente contento della vittoria dei Maneskin a Sanremo. È una band che suona molto bene. Immagino che  tra i tanti fan che hanno qualcuno si metta a imparare uno strumento. Poi vai su un social qualsiasi e ti accorgi che qualcosa non va.

Come se la speranza si infrangesse contro la realtà delle cose?

In un certo modo.

Negli ultimi anni si è diffusa l’idea che si debba prendere soltanto, nessuno è disposto a dare. Per questo “tutti” vogliono “tutto” e subito. Questa cosa è molto triste. È strano vedere che le persone che vengono ai nostri concerti abbiano mediamente dai venticinque, trent’anni in su. I ragazzini non vengono più ai concerti. Preferiscono stare a casa con il loro smartphone e la videocamerina a chattare all’infinito.

Tornando alla vostra band, quali sono le prossime mosse de Gli Atleti? Ci sono progetti in cantiere o qualcosa che bolle già in pentola?

Vorrei poterne parlare liberamente ma mi è stato chiesto di non proferire parola. Posso dirti che faremo un disco con un personaggio importante del panorama ironico campano, ma non possiamo annunciarlo.

Siamo comunque sempre attenti a qualsiasi sollecitazione, qualora dovesse palesarsi una nuova ispirazione saremo pronti per afferrarla.

Qualcosa a brevissimo?

Probabilmente suoneremo qualcosina mantenendo la formula già usata per Paracetamolo e Musica Leggerissima. Viste le restrizioni, avremo tempo da dedicare e impossibilità di farlo in altro modo se non così. E anche se non ci piacciono molto le piattaforme social, ci troverete su Facebook, Instagram e YouTube. Non abbiamo nemmeno Spotify al momento, per intenderci. Cercheremo di rifarci il prima possibile, ma sul palco.

Siete una band anticonformista?

Più che altro pensiamo che investire tempo e risorse in qualcosa di fine a se stesso (la presenza e la divulgazione sui social media, ndr.) per mettersi al pari con ciò che fanno le altre band non è nel nostro stile. Non abbiamo la presunzione di essere una band “diversa”. Forse lo siamo, anche se non abbiamo inventato nulla in quanto di gruppi che fanno cover di canzoni italiane in chiave punk ce ne sono tanti in Italia. L’unica caratteristica che siamo del Sud e questo già amplifica il messaggio. Tuttavia questo genere musicale dalle nostre parti non va e non andrà mai probabilmente. Siamo infatti molto seguiti al Nord e questo ci dà la spinta di prendere gli strumenti per tornare a suonare.

Mi chiamo Mario Aiello e sono un giornalista pubblicista. "Musicante" e "scribacchino" per passione, perennemente soggiogato dal richamo dell'arte in senso lato. Da diversi anni scrivo articoli di approfondimento nel campo degli spettacoli, della musica e della cultura più in generale. L'altra faccia della medaglia è invece dedita all'analisi politica, oltre che alla cronaca di attualità e costume. Insomma, un pastrocchio.