di Rosario Pesce
Leggendo i giornali e guardando i programmi televisivi emerge un’immagine ancipite di Napoli e della sua immensa tradizione letteraria e culturale: per un verso, una giusta esaltazione del capoluogo partenopeo, che per oltre un millennio è stato un faro di civiltà per tutto il Mediterraneo e l’Europa; per altro verso, non mancano i soliti luoghi comuni, che la ritraggono come la città della pizza, del mandolino e di tante altre amene cose, che non definiscono a pieno la città fondata da Partenope.
È un destino: Napoli, nonostante la sua storia e i beni monumentali che possiede, che sono la migliore testimonianza di ciò che essa è stata, è condannata ad essere ridotta per molti in stereotipi, che certo non le rendono giustizia.
Cosa fare?
Invero, negli anni scorsi, una grandissima operazione di maquillage è stata messa in essere, in particolare durante gli anni ’90 ed i primi del Duemila, che ha restituito a Napoli l’immagine più giusta, quella cioè della capitale, ricca di una vita interiore che la rende unica al mondo, oltreché di bellezze, naturali ed architettoniche, che sono impareggiabili.
Ma, è chiaro che non mancano, parimenti, le immagini trite: quelle che la descrivono come la capitale del crimine e di un costume malsano, che appaiono costruite ad hoc per affossarla definitivamente agli occhi di chi, sfortunatamente, non la conosce.
Eppure, nonostante tutto, la città di Eduardo, Totò, Pino Daniele, Massimo Troisi (solo per citare alcuni giganti del Novecento, che l’hanno nobilitata oltremodo) rappresenta il più grande tesoro di arte al mondo, che in parte deve essere ancora esplorato e valorizzato in modo opportuno, in particolare se si considerano beni e luoghi che insistono nella città e nella più vasta area metropolitana.
Napoli deve risorgere e non può, quindi, essere ridotta ad un giudizio meramente semplicistico.
Dalla rinascita della città vesuviana dipende il futuro dell’intero Meridione, visto che ineluttabilmente Napoli rappresenta – non solo simbolicamente – l’Italia al di sotto del Garigliano e del Volturno agli occhi degli stranieri.
Non si può che, dunque, fare il tifo per la Napoli, che amiamo ed in cui ci identifichiamo, perché il Paese intero non può fare a meno della capitale del Regno Borbonico, cioè dello Stato più ricco e florido nell’Europa dell’Ottocento, quando Stati nazionali, come l’attuale Germania, nemmeno esistevano sulla cartina geo-politica.