di Mirko Torre
Qualcuno una volta ha detto che per essere un campione, non basta distinguersi sul terreno di gioco. E’ il caso di Kalidou Koulibaly, centrale difensivo del Napoli e del Senegal, che da quando è arrivato all’ombra del Vesuvio è riuscito piano piano a conquistare i cuori dei tifosi partenopei, e di tutto il mondo. Il difensore senegalese infatti è uno dei migliori al mondo nel suo ruolo, ma fuori dal campo è un campione altrettanto affermato.
Da sempre molto attivo dal punto di vista della beneficenza e dei diritti umani, si è trovato diverse volte a fare da “megafono” per tutte quelle persone che vivono difficoltà sia economiche, sia sociali. Lo abbiamo visto in occasione della campagna contro il razzismo che la lega Serie A ha attivato negli ultimi tempi, quando proprio Koulibaly ha ricordato un episodio increscioso accaduto contro la Lazio, i cui tifosi decisero che doveva essere umiliato davanti a tutti, al solo tocco del pallone. Questo episodio gli diede una spinta in più per mostrare al mondo intero, qualora ce ne fosse davvero bisogno, che l’aspetto esteriore non conta niente, conta la persona che si decide di essere.
Koulibaly non è certo nuovo a gesti di beneficenza per i meno fortunati, già lo scorso anno si era preso carico di donare giacconi ai ragazzi africani che incontrava per le strade di Napoli.
In questi giorni sta rimbalzando un po’ dappertutto la notizia della sua ultima opera di bene, infatti il calciatore, per festeggiare il proprio 30esimo compleanno, ha affittato una nave per inviare due ambulanze, medicinali e attrezzature sanitarie da Napoli a Dakar, in Senegal. Un gesto importante, in risposta a una lettera che aveva ricevuto da un bambino senegalese, che gli chiedeva se fosse possibile mandare medicinali, poichè quasi del tutto assenti nel suo paese.
Gli attestati di stima sul web sono stati e sono tutt’ora infiniti, a testimonianza di quanto il calciatore passi in secondo piano di fronte a un grande uomo, che da sempre mette al primo posto i bisognosi, proprio perché lui stesso ha vissuto da vicino il disagio della povertà.
In un’intervista Koulibaly racconta di un suo viaggio in Senegal, all’età di 6 anni, quando tornò nel suo paese per incontrare per la prima volta i parenti, e rimase stupito di come la povertà la faccia da padrone e di come nonostante questo i bambini cercassero di trascorrere un’infanzia positiva.
Ricordiamo comunque, a chi pensa che la beneficenza fatta da professionisti con stipendi di milioni di euro non sia allo stesso livello delle altre opere di bene, che a questo mondo niente è dovuto, nessuno ha l’obbligo di compiere determinati gesti e che quando succede c’è solamente da applaudire insieme un ragazzo, perché di questo si tratta, che cerca nel suo piccolo di rendere la vita meno dura a persone che sono costrette a sopravvivere, anziché vivere.