di Rosario Pesce
Quando muore un artista, muore una parte di umanità con lui.
Nel caso di Battiato, questo aspetto è ancora più evidente, perché non muore semplicemente un artista, ma va via definitivamente una personalità che è stata poliedrica, visto che i suoi interessi andavano dalla musica alla mistica, dalla filosofia alla morale.
Nell’epoca dei saperi trasversali, crediamo che nei campi della filosofia e della teologia abbia insegnato più lui che molti cattedratici, attraverso il messaggio delle sue opere e grazie alla ricerca continua, che lo ha reso il più forbito dei cantautori italiani.
Abbandona così il mondo del divenire colui che, per definizione, è sempre stato teso al coglimento di quell’Essenza, che ai comuni mortali non è data in modo compiuto, almeno fino a quando sono in vita.
È morto un artista che ha saputo essere “diverso” da tutti gli altri, pur non ostentando mai la propria diversità culturale rispetto alla massa.
Giustamente teso verso la Trascendenza, Battiato ha colto, attraverso la ricerca di Dio, l’essenza dell’essere umano, non diventando mai la macchietta di se stesso ed abbandonando le luci della ribalta, quando la malattia non gli ha più consentito di essere ciò che noi ricorderemo sempre.
È stato uomo autentico, quando ha saputo sottrarsi alle logiche del mercato e della politica, così come è stato artista impareggiabile, quando ha fatto della sua ricerca esistenziale l’oggetto di tutti i generi musicali, che ha attraversato con sapienza, dal rock alla musica colta e classica.
Con lui va via uno sguardo intelligente sul mondo – nella speranza che, ora, finalmente abbia colto l’Essenza che ha sempre profetizzato nelle sue canzoni – e per questo motivo non potremo che essere tutti più poveri.