NON CI RESTA CHE L’EUROPA LEAGUE

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Il malato non è guarito del tutto, la convalescenza richiederà ancora un po’ di tempo. La sofferta vittoria contro il Sassuolo non ha dissipato i dubbi sulle effettive potenzialità del Napoli, né può cancellare in un solo colpo lo scetticismo che circonda la squadra. Al Mapei Stadium s’è visto qualche timido segnale di ripresa ma si sono avute pure tante conferme sui limiti individuali di alcuni giocatori e sui difetti strutturali della squadra. E’ innegabile che, a meno di complicati quanto improbabili aggiustamenti in sede di mercato di riparazione, Rafa Benitez sarà costretto, per tutta la stagione, a barcamenarsi con il materiale umano che ha a disposizione e a fare i salti mortali per coprire le evidenti magagne e le numerose lacune della rosa. Per ora, di buono c’è solo il successo di Reggio Emilia che restituisce un minimo di serenità alla squadra, consente di preparare senza affanni la sfida di Europa League che, paradossalmente, diventa l’obiettivo principale della stagione. La coppa tanto vituperata dal presidente De Laurentiis, schiacciata dal fascino e dall’opulenza della Champions League, si trasforma di colpo nel traguardo più ambito per diversi ordini di ragioni. Innanzitutto perché, da quest’anno, la vittoria finale dà diritto alla partecipazione diretta alla Champions League, obiettivo impossibile da centrare attraverso il campionato visto l’inarrestabile cammino e la diversa caratura di Juventus e Roma.


In secondo luogo, non va trascurato il prestigio della competizione, che seppur lontana dai fasti della vecchia Coppa Uefa, vinta dal Napoli nel lontano ’89, rappresenta un importante trampolino di lancio come ha magistralmente dimostrato l’esperienza dell’Atletico Madrid che l’ha conquistata per due anni consecutivi, aggiungendo nel frattempo un paio di Supercoppe europee, prima di trionfare nella Liga e arrivare ad un minuto e mezzo dalla coppa dalle grandi orecchie. In ultimo, non va sottovaluta l’incidenza positiva che potrebbe avere su tutto l’ambiente un cammino europeo entusiasmante. Il richiamo all’unità ha un senso se i tifosi intravedono una meta da raggiungere, un titolo da conquistare. Parliamoci chiaro, al momento, dietro la coppia di testa, si gioca un campionato a parte, poco affascinante e di livello decisamente mediocre, dove l’unico piazzamento in palio è il terzo posto, il preliminare ad agosto e tutto quello che comporta. Tutto quello che, a Napoli, non si è saputo gestire, essendosi presentati alle sfide decisive contro il Bilbao con imbarazzante approssimazione. Eppure l’ingresso in Champions è linfa vitale perché solo in quel caso, a meno di cessioni eccellenti e incassi stratosferici, la proprietà decide di investire. Ecco perché il destino del Napoli è sempre legato a quel fatidico traguardo in assenza del quale si abbassa la qualità della squadra, mutano le prospettive e si ridimensionano i progetti. Il rammarico è che nemmeno un tecnico autorevole come Benitez sia riuscito a condizionare le politiche societarie, ad indurre un cambio di visione strategica o a imporre un minimo di buon senso. Prima lo sospettavamo solamente, ora lo sappiamo con sicurezza: la qualificazione Champions e la pioggia di milioni che assicura sono l’unica garanzia di continuità di un progetto ancora ambizioso. Senza la Champions, con buona pace della massa acritica e degli ottimisti a prescindere, dei fondamentalisti e degli utopisti, il Napoli ha il respiro corto e prospettive a breve raggio. Insomma, se tutto va bene, si campa alla giornata come in epoca mazzarriana.

Nato 43 anni fa a Napoli, da sempre residente a Casoria. Laureato in Storia alla Federico II, militante politico, impegnato nel mondo dell'associazionismo e del volontariato. Oltre alla storia, e alla politica, l'altra passione è il calcio, in particolare il Napoli. Il colore preferito è, ovviamente, l'Azzurro!