Nei giorni scorsi, un importante tabloid inglese, il Daily Telegraph, ha avuto la sciagurata idea di stilare una classifica dei venti calciatori di ogni epoca maggiormente sopravvalutati.
Orbene, fra questi, figura buon dodicesimo il nostro Roberto Baggio.
Dico “nostro”, perché, a prescindere dalle maglie che egli ha indossato in carriera (Fiorentina, Juve, Milan, Brescia ed Inter), è sempre stato il punto di riferimento di tutta l’Italia sportiva, visto che, per decenni, ha rappresentato il modello del calciatore geniale, in grado di risolvere da solo una partita in favore della propria squadra.
Non possiamo dimenticare, ad esempio, che nel 1994 la nostra Nazionale arrivò in finale contro il Brasile grazie alle prodezze del Divin Codino, in forma quasi paradossale, dato che il selezionatore di quella formazione azzurra era l’allenatore che, invece, ha sempre preferito il collettivo al talento delle singole individualità: Arrigo Sacchi.
Inoltre, per quanto geniale, egli, contrariamente a Maradona, non è mai stato sregolato nella vita privata, per cui ha saputo gestire con saggezza le sue forze fisiche, arrivando ad allungare la carriera fino ad un limite anagrafico per molti impensabile, nonostante gli infortuni gravi, che pure ha patito, in particolare quando giocava a Firenze.
In tale contesto, la graduatoria del giornale inglese, almeno in riferimento a Baggio, ci appare mortificante e bugiarda.
Si sa bene che gli Inglesi non hanno provato mai grandissima simpatia verso noi Italiani, visto che essi hanno avuto il merito di inventare le regole del calcio, ma non hanno mai vinto un Mondiale, se non quello del 1966 in casa propria, peraltro con il sospetto di aiuti arbitrali decisivi, come quello in finale, quando venne loro assegnato un goal che non era tale.
Noi Italiani, pur interpretando un calcio difensivista e pur esaltando spesso le doti di calciatori solo funzionali allo schema dell’allenatore di turno, abbiamo avuto invece calciatori, come Baggio, che hanno nobilitato lo sport più amato al mondo, perché, quando questi scendevano in campo, non solo era assicurato lo spettacolo, ma soprattutto hanno sempre trionfato i valori della sportività e del sano agonismo.
Non è un caso se Baggio è, progressivamente, scomparso dal calcio italiano che conta, quando si sono diffuse dubbie pratiche terapeutiche, che successivamente sono state attenzionate dalla Magistratura e dalla medicina sportiva.
Baggio è stato un campione puro; nessuna sostanza dopante ne ha esaltato meriti e capacità tecniche indubbie; è stato il prototipo del campione, bello a vedersi e pulito dentro.
Ora, il giudizio del giornale inglese tende a ridimensionarne il ruolo nella storia del calcio mondiale, forse solo perché Baggio, contrariamente ad altri campioni del passato, dopo aver appeso le scarpe al chiodo, non si è impegnato nella politica calcistica, tutelando così la propria immagine mondiale, anche a seguito dell’inesorabile uscita di scena dall’attività agonistica.
Baggio, senza enfasi, per i valori sportivi ed umani, che ha saputo profondere nella pratica calcistica, è un autentico genio: preferiremmo, da Italiani, che non venga toccato, perché, mutandis mutatis, sporcandone l’immagine – o, semplicemente, sminuendola – non si fa un piacere ad uno sport che, dopo Baggio, in Italia ed in Europa ha conosciuto pochissimi campioni e molte stelline, che si sono dimostrate inconsistenti e, meramente, caduche.
Nessuno, perciò, oltre Manica tocchi Baggio, così come nessuno ci sottragga La Pietà o ci rubi le opere dei Futuristi: ogni epoca ha prodotto i suoi artisti e l’ultimo decennio del Novecento ci ha regalato un artista vero, fuori e dentro il campo da gioco.