di Christian Sanna
In La casa in collina, Cesare Pavese sostiene che è inutile piangere. Si nasce e si muore da soli. E’ questo il dramma della condizione umana, una solitudine che ci fa compagnia per tutta la vita, dall’inizio alla fine. Non ingannino la folla intorno, gli applausi, i rumori in sottofondo, i coinquilini, gli abbracci, i baci, le parole sentimentali, le promesse, le buone intenzioni, questa ipertrofia del concetto di famiglia che è disposta a tutto in nome dell’amore e della serenità familiare ma poi nei fatti è pronta a sfaldarsi alle prime scosse di crisi nella coppia, al richiamo delle sirene degli interessi, alle irrequietezze di egoismi sedati a tempo determinato, all’irrefrenabile voglia di stare al passo con i tempi, e che tempi, questi tempi; dove il vero è alterato come certe foto che trasformano il soggetto a colpi di filtri e virtuosismi da applicazioni fotografiche e la “tragedia” è che molti si autoconvincono di essere davvero quelli modificati dai filtri ed allora tanti saluti a ciò che è spontaneo, imperfetto, sincero, corrispondente alla realtà.
E non meravigli se in alcuni casi in tanti faticano a distinguere la realtà dalla finzione, vuoi per una questione di comodità perchè la realtà è spesso scomoda, vuoi per mancanza di strumenti dove si intende quella capacità ma anche volontà e coraggio di ispezionarsi senza attenuanti, guardarsi dentro con ferocia, sbattersi in faccia soprattutto i difetti, le lacune. L’umiltà di ammettere prima davanti a se stessi e poi agli altri, il fallimento, la sconfitta, il disagio e l’intelligenza di tirare fuori una forma di dignità poco usata eppure tanto salvifica: la richiesta di aiuto.
Ammettere di stare in difficoltà non deve essere un segno di resa e di debolezza, non è una vergogna ma un manifesto di consapevolezza e di forza. Sono in difficoltà e ti chiedo aiuto perchè voglio venirne fuori. Non ho un buon giudizio dell’essere umano, credo fermamente che un uomo senza leggi e senza Dio dove per Dio intendo credere in Qualcosa e quindi vanno bene tutte le religioni, tutte le filosofie purchè le letture non vengano esasperate da un modo di stare al mondo che possa minare la pace e le libertà altrui, ci sia qualcuno che faccia da esempio, dia delle regole, un manuale di condotta etica, comportamentale, insomma un uomo senza la paura della morte con lo spettro dell’inferno dopo la vita e con lo spauracchio della galera in vita se ti comporti male, possa essere peggiore di quel che dimostra.
Purtroppo, certi comportamenti, gli scandali, le notizie che leggiamo ci consegnano un bilancio amarissimo di guerre, violenze, cattiverie e la sensazione è che senza leggi con la conseguente paura per molti della condanna, l’essere umano non possieda una legge morale dentro di se, non sia capace di autogestirsi e di separare il bene dal male. Ovviamente questo discorso non vale per tutti, c’è gente con una notevole capacità autocritica, con un senso civico che sembra innato. Questa gente ha il senso del misura, pratica il buon senso, sa che può essere pericoloso e ad un incrocio rallenta, si ferma senza bisogno di telecamere, semafori, multe.
Siamo soli, disperatamente. Perdutamente. Se hai un dolore, una malattia è il tuo dolore, la tua malattia. L’altro che ci assiste sta male, molto male e prova ad aiutarci, a capire entità e profondità di quel dolore, ma non lo sente, semplicemente perchè non è il suo. C’è tutta la differenza fra capire e sentire, nel soffrire e nell’amare. Tralasciando chi se ne frega, a molti interessa capire, pochi realmente capiscono, solo gli esseri speciali sentono.
Questa è una società che illude perchè ti fa credere che bastano le luci, gli effetti speciali e tutti questi beni di consumo per accorciare le distanze, riempire i vuoti ed invece ci hanno consegnato un mondo che è diventato una voragine che sta risucchiando ogni tipo di semplicità e gesto spontaneo. In questa epoca persino l’abbraccio deve essere messo in discussione perchè dentro quello che dovrebbe essere un atto d’amore ci può stare il veleno dell’opportunità e della falsità, del gesto abitudinario. Così come le belle parole che abbiamo per qualcuno possono semplicemente essere esercizio estetico che ha il fine della lusinga, ma il retrogusto di qualcosa di poco sentito o comunque esageratamente amplificato. Si cambia idea troppo facilmente e si adatta il giudizio in base alla convenienza; se uno che non stimo mi fa un complimento, lo ringrazio ma non cambia la mia valutazione nei suoi confronti solo perchè ha speso delle belle parole per me ed invece un ragionamento del genere che dovrebbe essere ovvio diventa straordinario e quasi alieno perchè molta gente è abituata a “santificare” un individuo pessimo semplicemente perchè questi si è “comportato bene” con loro, magari ha fatto dei favori e allora di che stiamo a parlare,, si prende la realtà e la si modifica con i filtri così ognuno può spostarsi nel campo della soggettività e vedere le cose come gli pare ed i fatti diventano opinioni dove ognuno tira l’acqua al proprio mulino.
Siamo soli. Perdutamente. Eternamente. E questo dovrebbe essere lo stimolo a conoscere un pò di più se stessi ed invece ognuno è sconosciuto a se stesso. Ognuno manca a se stesso, nonostante gli effetti speciali.