Dissentirete, è chiaro. E ci può anche stare. Però basterebbe ricordarsi da dove si viene, per capire e apprezzare quello che si ha.
Che non vuol dire accontentarsi, assolutamente. Cinque anni fa, era il 22 novembre, il Napoli vinse una partita storica nel proprio stadio, contro il Manchester City, in un girone di fuoco, alla prima partecipazione alla Champions, e ipotecò la qualificazione.
Lo stadio era una bolgia, i giornalisti inglesi lo definirono come “L’inferno di Dante con una pista d’atletica” e non si sbagliavano; qualche tempo dopo Yaya Tourè, che non è esattamente l’ultimo arrivato, confessò che quella partita fu una delle poche in carriera in cui le gambe gli tremarono davvero. Avevamo compiuto un’impresa al di là di ogni razocinio. Con un cuore enorme e un pizzico di fortuna che non guasta mai.
Ora gira tutto al contrario. La serata di ieri è terminata prima di cominciare. Perché mentre aspetti l’inizio, tra una chiacchiera e un’altra, arriva la notizia del pareggio del Besiktas. Da 0-3 a 3-3.
Vecchi fantasmi che riemergono come quel giorno infausto in cui vincemmo inutilmente contro l’Arsenal sotto una pioggia torrenziale.
Il nostro destino. Soffrire, crederci, illudersi, soffrire, disilludersi. Nessuno che ci regala mai niente. Quel momento, quel pareggio, ha rovinato la serata prima ancora che iniziasse davvero, perché vincere non sarebbe stato sufficiente né entusiasmante come sarebbe stato invece in circostanze diverse che sembravano essersi prospettate fino a poco prima.
Il pareggio avrebbe lasciato tutto intatto, con l’obbligo di andare a giocare a Lisbona la partita dell’anno. Non sarebbe cambiato niente, o quasi, con due punti in più. Eppure. Eppure un suono strano a fine partita. Come se lo stadio stesse fischiando. E com’è possibile fare un palato così fine in così poco tempo?
Il Napoli, se non ve ne siete accorti, è primo nel girone di Champions, ad una giornata dalla fine. Primo. E davvero si può criticare? La squadra obbligata a vincere è il Benfica, non il Napoli.
Ma, incredibilmente, alla terza partecipazione alla coppa dalle grandi orecchie, si pensa di essere il Bayern Monaco, o il Real, o il City, o il PSG, squadre, tra l’altro, tutte seconde nei propri gironi. Ragazzi, e mi riferisco ai calciatori, avete scelto la squadra più difficile in cui giocare, perché vi ritrovare con una tifoseria capace di esaltarvi a fenomeni alla prima vittoria, e di mandarvi al rogo al primo pareggio.
Criticare è diritto di tutti, ma farlo sensatamente è prerogativa di pochi.
Ora andiamo a giocarci tutto a Lisbona. Buttiamo il cuore oltre l’ostacolo e prendiamoci quello che meritiamo.
Contro la sfortuna. E contro le critiche e i fischi di chi crede di essere tifoso, ma è solo uno spettatore.
Lo spettatore paga, e lo spettacolo può piacergli o meno. Il tifoso è innamorato, e l’amore vero non pretende, l’amore vero si dà senza remore né pretese. Il mio è tutto per voi. Per la maglia che indossate. Forza ragazzi, noi ci crediamo!