di Fabio Buffa
Il 22 maggio del 2013 moriva Don Andrea Gallo, nella sua Genova, nella sua casa di San Benedetto al Porto. Sono passati otto anni giusti, giusti, dal quel triste giorno, ma l’opera di questo straordinario uomo di Chiesa, e di vita, rimane indelebile. Era il parroco dei poveri, l’amico degli ultimi. Era nato nel capoluogo ligure, il 18 luglio 1928, in una famiglia povera, ma dotata di grande dignità.
Veniva additato come “il prete Rosso”, il parroco “Comunista”, “l’amico dei froci e delle puttane”, e lui di fronte a questi, che volevano essere dure critiche da parte di chi vede la società in termini conservatori, rispondeva così: “è vero, io sono dalla parte di chi ha bisogno di aiuto per uscire dal baratro della emarginazione sociale; se questo vuol dire essere comunisti o amico di omosessuali e travestiti, allora io lo sono“.
Le sue opere non erano semplicemente di carità, ma di duro lavoro con le persone fragili, per aiutarle ad emanciparsi nella società. Tossicodipendenti, prostitute ed emerginati di ogni genere; in tanti anni hanno avuto da Don Gallo e dal suo gruppo di lavoro, una mano essenziale per cambiare in meglio le proprie vite. Era un religioso con una spiccata prospettiva laica verso la società, che con la sua morte ha lasciato in eredità strutture costruite insieme a persone in difficoltà, le quali, proprio grazie alla collaborazione con Don Andrea, hanno raggiunto obiettivi di vita soddisfacenti: oltre alla Comunità presso la sede centrale di Genova (nella Chiesa della Santissima Trinità e San Benedetto al Porto), il lavoro di Don Gallo ha portato nei decenni alla nascita di una Comunità per persone con problemi di dipendenza a Frascaro, vicino ad Alessandria, una a Visone, nell’acquese e una trattoria a Genova.
Poi, una Casa per persone senza dimora, sempre nel capoluogo ligure e una cascina sulle alture genovesi, per persone con dipendenza da sostanze e immigrati in attesa della protezione internazionale. Oltre alla Casa di Quartiere di Alessandria, luogo di aiuto per persone in difficoltà e di progettualità sociale, con una forte sensibilità al problema dell’abitare e alla necessità di integrare gli stranieri partendo dalla conoscenza della lingua italiana.
“A 15 anni frequentavo l’istituto tecnico nautico di Genova, volevo fare il marinaio -diceva Don Andrea Gallo- a 16 anni mi sono aggregato ad un gruppo di partigiani e a 20, dopo la guerra, mi sono imbarcato sulla nave di San Pietro, trovando un mare in burrasca, ma anche la mia dimensione“.
A chi gli chiedeva quando e come fosse avvenuta la sua vocazione rispondeva così:
“avevo 19 anni, ero nella mia Genova e mi capitò di assistere alle partitelle di pallone tra squadre di ragazzini che frequentvano gli oratori salesiani. Conobbi un certo don Piero Doveris, educatore di una parrocchia che seguiva i dettami di Don Bosco e vedendo l’entusiamo di quel prete e il modo amorevole con cui guidava quella schiera di giovani, pensai che anch’io avrei voluto fare quel mestiere“.
Così nel 1948 entrò nel noviziato salesiano, frequentò gli studi teologici e, dopo una missione in Brasile, tornò in Italia e nel 1959 venne ordinato sacerdote.
“Quando ho incontrato Gesù ho capito che sono qui per servire e non per essere servito. Mettermi a disposizione degli ultimi è la mia missione, aiutare le persone in difficoltà senza giudicarli, lavorando non per loro, ma con loro“.
Infatti non è un caso che molti ragazzi aiutati da Don Gallo, negli anni siano diventati essi stessi operatori socio educativi al servizio di altri soggetti in difficoltà.
Il prete genovese spesso si è trovato in forte contrasto con i vertici della Chiesa, partendo da tematiche che ancora oggi offrono spunti per dibattiti che polarizzano le opinioni: Don Andrea ha sempre dichiarato la propria apertura verso la contraccezione, la liberalizzazione delle droghe e il ricorso, in casi estremi, all’aborto. Su questo tema colpì una sua dichiarazione di circa dieci anni fa: “ho conosciuto tante giovani donne rimaste incinte dopo violenze sessuali, ho parlato con loro, respirato la loro angoscia e visto il terrore nei loro occhi. Sono giunto alla conclusione che è fondamentale rispettare l’autodeterminazione della donna; se Dio il grembo lo ha dato a lei, allora è lei che può decidere“.
Don Gallo ha avuto anche un ruolo determinante nella lotta contro l’omofobia. Proprio su questi punti esce la sua propensione laicista della società, una propensione che nutre grande rispetto verso la scienza, vista non come antagonista delle fede, casomai come frutto del lavoro dell’uomo creato da Dio: “la scienza è un dono di Dio. E la scienza ci dice che l’omosessualità è semplicemente una variante della natura umana, non una deviazione o un errore. Quindi -sosteneva Don Gallo- perchè accanirci contro gli omosessuali e negare loro diritti che sono ovvi e legittimi?“.
Però la Chiesa molte volte si è messa di traverso di fronte a certe tematiche, e Don Andrea non ha mai nascosto le sue critiche: “Chiesa deriva da Ecclesia, riunione di fedeli, assemblea, comunione. Tutti dovrebbero essere sullo stesso piano, invece spesso essa si comporta da monarchia assoluta, piramidale”.
Dichiarazioni che confermano i rapporti spigolsi con i vertici del clero, rafforzate dalle parole dello stesso Don Gallo quando gli si chiedeva, dopo tanti anni di duro lavoro verso gli ultimi, quale fosse il gradino della scala gerarchica raggiunto: “il mio titolo rimane quello di cappellano feriale e festivo della Parrocchia di San Benedetto al Porto; sulla carta questo incarico conta meno del sacrestano…“.
Ma a dispetto di ciò, la “scuola” di Don Andrea Gallo rimarrà per sempre un esempio di amore, di rispetto e di attivo lavoro al servzio di coloro che hanno avuto le spalle voltate dalla vita, ma che hanno voglia di tornare ad essere attivi nella società.