di Alfredo Carosella
Sono passate alla storia tante previsioni che poi si sono rivelate clamorosamente sbagliate: si pensi all’inaffondabile Titanic, al critico d’arte che nel 1934 affermò che la fama di Picasso sarebbe sfiorita rapidamente, al presidente della 20th Century Fox che nel 1946 disse che la gente si sarebbe stancata della televisione nell’arco di sei mesi, agli e-book e ai cd rom che avrebbero decretato, rispettivamente, la fine dei libri stampati e dei dischi in vinile.
Questi e molti altri esempi che si potrebbero elencare, suggeriscono la cautela del dubbio nel domandare: ci stiamo stancando dei social network? I salutatori seriali smetteranno di augurare “buon mercoledì”, “benvenuta prima settimana di aprile” e – in memoria dell’indimenticabile Mario Merola – “Felicissima sera”? Ci saranno ancora le opinioni non richieste, le serie di selfie sempre con la stessa posa, le foto di qualunque cibo vagamente commestibile, le offese gratuite e le risse virtuali?
Qualcuno abbandona la piazza immateriale per poi tornarvi pentito, come da un’amante infedele, con la consapevolezza che si patiranno nuove sofferenze.
Altri scelgono nuove piattaforme dove però, per farsi notare, occorre pubblicare qualcosa di veramente insolito, per non dire imbarazzante: i mini-video sono innumerevoli e bisogna colpire l’attenzione dei potenziali utenti in pochissimi secondi; la sfida è essere più veloci dell’indice che scorre sullo schermo dello smartphone per passare appresso.
La fame di “like” e visualizzazioni è stressante, mai paga, a volte ossessiva, frustrante.
Così qualcuno se ne va sul serio, mentre sempre più profili diventano silenti: balconi dai quali affacciarsi per spiare la vita degli altri senza mostrare nulla della propria. “Complimenti! Ti seguo sempre, attraverso il profilo di mia cugina!”; “Sei contenta che ti è venuta a trovare tua figlia?”; “Che bella festa che avete fatto, peccato che avessi un altro impegno”; “Sei venuto a Summonte Barbino e non mi hai detto niente?”.
C’è chi non ha alcuna voglia di litigare, chi non ne può più di sterili polemiche, chi ha capito che è impossibile far cambiare idea a un ultrà. Chi, semplicemente, ha altro da fare.
C’è da chiedersi se ad aumentare il senso di stanchezza e la voglia di distacco dalla piazza virtuale, stia contribuendo il rafforzamento del “pensiero unico”, che nel 1995 Le Monde Diplomatique definì come “l’assenza di differenziazione nell’ambito delle concezioni e delle idee politiche, economiche e sociali”. La censura di alcuni contenuti, necessaria per tentare di arginare l’uso distorto di alcuni social network, viene a volte utilizzata in modo poco comprensibile: è sufficiente essere “segnalato” da un altro utente per vedersi sospendere o limitare l’account. In alcuni casi ci si può trovare dinanzi a una vera e propria delazione, cioè a una “denunzia segreta motivata da ragioni riprovevoli” e l’unico modo di difendersi è rivolgersi alla Polizia Postale.
C’è anche un altro aspetto da sottolineare: molti utenti – come alcuni organi di informazione – usano commentare l’argomento del momento con il risultato di intasare le bacheche con contenuti tutti uguali o quasi. Si ha così la sensazione che tutti parlino sempre della stessa cosa.
Secondo Blogmeter lo scorso anno, in Italia, Youtube ha sorpassato Facebook e si è registrata una forte impennata di TikTok. Il successo del social network cinese non è passato inosservato a Napoli, dove è stata coniata la nuova offesa: “Tua madre è una TikToker!”
Tutto questo però non può essere accettato passivamente da chi, ormai, ci ha cambiato radicalmente il modo di vivere ed esprimere. I social network sono usati da oltre 4 miliardi di persone e influenzano le scelte politiche e il marketing.
Non è un caso che Facebook abbia ufficialmente cambiato nome in Meta, abbreviazione di Metaverso: una realtà virtuale condivisa tramite internet, dove ogni persona sarà rappresentata da un avatar in 3D. “Era già tutto previsto” diceva una vecchia canzone: nel 1992 lo scrittore Neal Stephenson ha immaginato un mondo virtuale chiamato proprio Metaverso nel suo libro di fantascienza cyberpunk “Snow Crash”.
Zuckerberg lo ha definito “un insieme di spazi virtuali da creare ed esplorare con altre persone che non si trovano nel tuo stesso spazio fisico”. A quanto pare, però, si sarebbero registrate subito le prime molestie ai danni di avatar femminili, che hanno costretto i programmatori a prevedere una distanza di sicurezza tra gli utenti virtuali.
Speriamo in tempi migliori, ricordando le parole di un’artista del sottinteso qual è Patty Pravo: “Pensiero stupendo/Nasce un poco strisciando/Si potrebbe trattare di bisogno d’amore/Meglio non dire”.