PER TRENTA DENARI

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Si può scegliere di “scendere in campo” senza rinnegare la strada percorsa.

Senza rinnegare le tante strade percorse durante i cortei, fianco a fianco e fiaccole in pugno con chi – fino a ieri – si chiamava “fratello”. Eravamo un tutt’uno, a reggere quegli striscioni. Qualcuno ha deciso di provare a raggiungere l’obiettivo percorrendo un’altra strada, e di questo possiamo solo rallegrarci. Se si mantengono intatti e saldi i principi professati, ben venga. Se non si “vende” il Maestro per 30 denari, va bene anche quello. Qualcuno se ne dovrà pur occupare, e che lo facciano persone “pulite” può rappresentare solo uno spiraglio, una speranza.

Ma che il dolore di quelle mamme, i passi di quei centomila e più sotto la pioggia, quei rintocchi di campana nel silenzio del funerale di una terra intera vengano definiti “piagnistei” non mi sta bene. Io c’ero, insieme a tanti altri. Non sempre, ma c’ero. La croce si porta in tanti modi, e questo non autorizza chi ne sceglie uno diverso ad offendere nessuno. Se non fossimo stati tanti, nessuno si sarebbe occupato di noi e della nostra terra. Senza quei bambini sulle cartoline, i più dormirebbero ancora, ignari.

Senza tante telecamere, i volti di chi era sempre in prima fila, a sottolineare il disastro, non li conoscerebbe nessuno. Se oggi tantissimi conoscono i nomi e le storie di chi si è impegnato, e ha marciato, è perché quei cortei, quelle marce, e quei funerali, erano sempre affollati.

E senza quelle telecamere che i cortei hanno richiamato, quelli che hanno scelto la strada della politica, avrebbero ben poche possibilità di essere eletti. Non li conoscerebbe nessuno, e nessuno metterebbe il proprio futuro nelle loro mani. Se ciò dovesse avvenire, è perché tanti hanno creduto e si sono fidati, quando li sentivano parlare.

Scrivere oggi, per dare forza a una propria scelta, che “chi urla e piange solo i morti e la strage degli innocenti in atto pensando di fare il suo dovere solo partecipando a marce, funerali e piagnistei non solo non è un bravo cittadino ma è per me e per tutti il vero e piu’ affidabile complice e corresponsabile di tutto il biocidio in atto”, che “piangere i nostri morti senza impegno politico diretto significa solo offenderli ancora e ucciderli due volte…non ci si può nascondere dietro….io sono un prete…perché noi non siamo preti”, serve solo a dare forza a chi, quei cortei, li guardava da lontano, pensando – spesso anche a ragione – che quelli che urlavano più forte erano quelli con più interessi occulti.

Serve solo a far si che, là dove si decidono le cose e i destini della gente comune, pensino che abbiamo “sfruttato” lo scempio, e che ci basta davvero un piatto di lenticchie per venderci mamme, figli e fratelli.

Serve solo a far spegnere le luci e le telecamere su quanto continua ad accadere, ogni giorno, e non a spegnere i roghi, impedire gli sversamenti, o a ritrovare i rifiuti interrati.

Mi piacerebbe dire che non serve a niente, ma purtroppo non è così. Fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce.

Al Domenicale con entusiasmo da più di un anno, dopo il banco di prova con Paralleloquarantuno. Giornalista per passione, scrive di tutto quello che la entusiasma, predilegendo i temi dell’ambiente e della cultura. Classe ’71,buddista, due figli, nel tempo libero cucina e gioca a burraco. Se dovesse descriversi con una sola parola, sceglierebbe “entusiasmo”, anche se si definisce un’anima in pena. Scrivere le è indispensabile: si firma #lapennallarrabbiata, e questo è il suo modo per denunciare ingiustizie e dare voce ai sentimenti che vive, come tutto quello che la riguarda, con un coinvolgimento totale.