di Danilo Cappella
Le favole di Fedro con gli animali a indicarci la strada e la morale hanno sempre fatto colpo su chiunque. E probabilmente Fedro l’avrebbe raccontata così. Quando si inizia, lo si fa sempre sullo 0 a 0. Però gli schieramenti sono già delineati, e le intenzioni delle due fazioni pure. Da un lato ci sono undici polli, dall’altro altrettante volpi. Nelle volpi ce n’è una che, fino a poco tempo fa, era un pollo, poi ha avuto una strana metamorfosi, ed ora, per mantenere un minimo di coerenza, fa il gallo sopra la monnezza. I polli hanno paura delle volpi, e sono talmente polli da darlo a vedere. Le volpi hanno ancora più paura dei polli, ma fanno finta di nulla.
E sono furbe, le volpi. Sanno che mettersi ad inseguire i polli sarebbe controproducente, che probabilmente i polli in quel caso avrebbero la meglio. E allora fanno la cosa più intelligente. Stanno lì ed aspettano. I polli sono polli, e alla fine la vittoria la serviranno su un piatto d’argento. E così è stato. Dopo una prima parte di storia in cui i polli mostrano la loro paura ma non sbagliano e le volpi rimangono in attesa, i polli sbagliano. E le volpi vanno avanti. Poi succede una cosa strana. I polli si rendono conto di non essere così tanto inferiori alle volpi, diventano coscienti delle proprie capacità, e in men che non si dica rimettono le cose a posto. Meritatamente. Ma chi nasce quadro, non muore tondo. Le volpi hanno paura, ma continuano ad aspettare. I polli, incredibilmente e contro ogni previsione, non si trasformano definitivamente in uomini, ma tornano polli. Ed è surreale, perché stavolta si poteva osare davvero. Altro svarione dei polli, e le volpi vanno di nuovo avanti. Ed è chiaro a tutti che sarà un vantaggio definitivo. A segnare il distacco è, ovviamente, il gallo sopra la monnezza. Distaccandosi per un momento dal fiabesco mondo latino, un pensiero per Higuain. Caro Gonzalo. Non voglio tornare indietro, a qualche mese fa, a ripensare a quello che è stato e a quello che sarebbe potuto essere. Con i se e con i me non si va da nessuna parte, giusto? Le cose che accadono “sono”, non hanno condizionali. Ora, se tu pensi che non esultando hai guadagnato una sorta di rispetto da parte nostra, hai completamente toppato. Il rispetto non si guadagna così, mai. Però tu sei contento, e noi pure. Tu di aver vinto, noi di averti perso. Pensavo il tuo gol facesse più male, davvero. Fa male perché porta inevitabilmente a una sconfitta, l’ennesima in quello stadio, l’ennesima da polli. Ma quando vedevo i nostri e i tuoi protestare con l’arbitro, e tu ad osservare la scena da lontano, mi hai fatto pena, ma tanta. Dispiace aver perso, ovviamente. Ma io sarò sempre fiero di essere coi deboli. Come l’uomo, anzi, la divinità, che oggi compie 56 anni. Lui ha avuto il coraggio, gli attributi, per stare al nostro fianco e combattere con noi. Stare dalla parte del più forte porta ovviamente maggiori risultati, ma non le stesse soddisfazioni, questo è certo. L’uomo dai capelli ricci che per anni ci ha fatto sognare non era volpe né pollo. Era il Re. Ed era capace di trasformare in principe chiunque gli passasse accanto. Forse quei giorni non torneranno mai. Ma cosa importa? Stare insieme, sentire di appartenere a qualcosa, essere in connubio con la propria identità cittadina, è bello anche quando si perde. Perché quando vinci sei di tutti, ma quando perdi sei solo nostra. Non appartenere a nulla, invece, essere dei puntini lontani senza nulla in comune, è brutto anche quando si vince. In definitiva, la morale della “favola di Fedro” è che i polli sono destinati a perdere, le volpi a vincere. Ma essere polli è una scelta, non un dato di fatto. Si può scegliere in un attimo di diventare uomini, e di cambiare a proprio piacimento un destino che appare troppo spesso già scritto. Impariamola presto questa morale, perché martedì ci aspetta una battaglia fuori da ogni logica. Forza ragazzi!