di Nella Luna
Piano Napoli, su etichetta Sony Music, è un “tentativo di interpretazione del presente, una virgola in un mare magnum di note e parole, dove il classico solenne riposa”, così Elisabetta Serio e Lorenzo Hengeller definiscono la loro neonata creatura musicale, prodotta da Gigi D’Alessio e arrangiata da loro stessi, che chiama a raccolta artisti napoletani assai diversi tra loro per genere e aplomb.
Undici brani reinterpretati da altrettanti musicisti di razza che con la compagnia di solo due pianoforti si sono lasciati vincere da un jazz ironico e vivace, sposando la lucida e coraggiosa follia dei due pianisti partenopei di omaggiare la loro città guardando al contemporaneo.
“Era da tempo – confessa Lorenzo Hengeller – che Elisabetta ed io brigavamo per fare qualcosa insieme pur essendo musicalmente molto diversi, ma è proprio questa diversità che mi è parsa il nostro vero punto di forza”.
Infatti la diversità sembra essere una scelta precisa di Piano Napoli che trova il suo minimo comune denominatore in arrangiamenti blue/s dalle striature swing sul filo di due pianoforti da cui saltano fuori le anime di Elisabetta e Lorenzo e degli artisti che hanno chiamato a raccolta: da Concato a Servillo, da Bollani a Luché passando per Gragnaniello, Franco Ricciardi, Raiz e Pietra Montecorvino. Una pattuglia eterogenea che senza ritrosia ha accettato di “cantare nuda sotto la pioggia” contribuendo non solo a sgretolare le barriere di genere (e di classe sociale), ma anche a rafforzare l’idea che Napoli è “mille culure” e va strappata con forza alla reductio ad unum musicale.
In questa scommessa sonora di Serio ed Hengeller, Gigi D’Alessio è stato colui che ha giocato la puntata più alta: alla richiesta di partecipare al disco con la sua (bella) “Chiove”, ha rilanciato proponendo ai due (quasi increduli) pianisti di registrarlo interamente presso il suo studio romano al cui interno campeggia un meraviglioso steinway gran coda che ha voluto suonare proprio per loro.
“Gigi D’Alessio – commentano gli ideatori di Piano Napoli – ha dato riprova di essere un bravissimo musicista, attento, intelligente e con una vasta cultura musicale, da quella più di massa a quella più di nicchia “.
Non meno attenti ed entusiasti gli altri artisti che si sono confrontati con la loro voce e il jazz targato Serio-Hellenger impegnandosi nel dare il meglio di sé. Il risultato è, per esempio, “Senza voce” di Gragnaniello o “Uommene” di Franco Ricciardi o ancora “Microchip” di quel simpaticissimo cilatrone di Stefano Bollani a cui andrebbe conferita immediatamente la cittadinanza onoraria.
“La sensazione è che siamo noi i posteri del futuro. La sensazione è che bisogna osare”, dicono Elisabetta Serio e Lorenzo Hengeller. La sensazione (nostra) è che abbiano saputo farlo.