di Mariavittoria Picone
Ho scritto tanti post su Sanremo, per divertimento e per senso di comunità, quindi ritengo sia opportuno, a conclusione, dover esprimere anche una breve considerazione di carattere sociale, più o meno seria.
Come è già stato detto, da più parti, oramai Sanremo non è lo specchio dell’Italia, ma è l’Italia che si lascia formare da Sanremo. Quello che vediamo non è più quel che siamo, ma quel che saremo, è a Sanremo che si decide ciò che è politicamente corretto e ciò che non lo è più.
Solo adesso Michele Serra scopre che la politica vuole avere voce in capitolo nella programmazione del festival e ci tiene a farci sapere che ognuno dovrebbe restare nell’ambito delle proprie competenze; mi ricorda un po’ la moda pandemica del “che sei virologo tu?”. Partendo dal presupposto che la libertà di espressione consentirebbe a ciascuno di rendere pubblico un proprio parere sull’operato degli altri, soprattutto poi se questi altri vengono pagati dalle stesse persone che ne subiscono le decisioni, c’è un concetto che va chiarito ai cittadini ed è il senso della politica.
Mi sembra che Michele Serra parli come un bambino ingenuo e senza alcuna cognizione di causa, ma soprattutto che lo faccia con la convinzione di parlare ad altrettanti bambini ingenui, ma questo non sarebbe una novità. Solo adesso dice che la politica controlla il festival di Sanremo, proprio quando volge (forse) al termine l’egemonia culturale dei suoi amici, affermando, inoltre, che è sbagliato, come lo sarebbe, aggiunge, se fossero i cantanti a controllare la politica.
Non sono assolutamente d’accordo con quanto scrive Serra, per due motivi, perché non credo nella spontaneità delle sue parole, finalizzate all’accusa di determinati esponenti delle istituzioni, e perché ritengo che il problema non sia esclusivamente nella competenza, ma più di tutto nell’assenza della dialettica. Si è persa l’abitudine all’ascolto, al confronto. Credo fermamente che sia necessaria la libertà di espressione, che tutti debbano poter far conoscere la loro idea, ma è altrettanto necessario che ciascuno fornisca degli argomenti a supporto delle proprie tesi, è il fondamento del pensiero critico. L’uso di slogan e la sintesi da post, hanno ammazzato il pensiero critico ed hanno lasciato credere che esistessero verità inconfutabili.
Un articolo folle più che ingenuo, quello di Serra, ma emblematico, frutto di questi tempi.
L’autore delle amache, che tanto ho amato nell’adolescenza e negli anni universitari, dovrebbe chiarire cosa intende per politica, poi smettere definitivamente di scrivere e dedicarsi ai suoi campi, siamo già pieni di gramellini.
Solo un bambino può non sapere che tutto è politica, che qualsiasi incontro tra persone è un incontro politico. Ogni volta che manifestiamo un bisogno o critichiamo un gesto, facciamo politica. Senza scomodare Aristotele, anche solo soffermandosi sull’etimologia della parola, nel momento in cui bisogna organizzare idee, esigenze, compiti e finanche attività ludiche, si fa politica.
Sono spesso politicamente scorretta, perché non mi piace l’estremismo e non amo le sentenze definitive, oltre a non credere nei “mai” e nei “sempre”.
Il bacio del cantante Rosa Chemical sulla bocca di Fedez, di cui tanto si è parlato, è stato programmato a dovere, per diffondere l’idea di fluidità, tanto cara a quest’epoca.
Se non si fosse trattato di un gesto già concordato tra i protagonisti, sarebbe stato comunque un atto di violenza. Farlo passare come trasgressione o espressione artistica è ipocrita, oltre che ridicolo.
L’amore universale, l’arte, la trasgressione sono altro, hanno a che fare con l’autenticità, e di autentico a Sanremo non c’era niente, forse solo Grignani.