di Rosario Pesce
È sotto gli occhi di tutti la crisi di Governo, che da qualche mese segna la compagine attuale, anche se finora non si è formalizzata, visto che il Premier Conte non è, ancora, salito al Quirinale per dare le dimissioni.
Gli equilibri sono saltati per effetto delle elezioni europee, visto che il successo della Lega ha dato un enorme potere contrattuale a Salvini, che è di fatto il principale sostenitore dell’Esecutivo odierno, nonostante nel Parlamento i leghisti siano in numero inferiore rispetto ai Grillini.
Il principale motivo di ulteriore dialettica, nelle prossime settimane, sarà costituito dal varo della Legge Finanziaria, che metterà a dura prova la coesistenza di due partiti, che ormai poco o nulla hanno in comune.
Cosa potrà succedere, allora?
Ci sarà, per davvero, l’atto formale delle dimissioni, che aprirebbe uno scenario nuovo nella legislatura in corso?
Salvini tenterà lo strappo, illudendosi di poter andare al voto anticipato, al massimo, nella prossima primavera, allo scopo di incassare il consenso che vanta oggi nella pubblica opinione nazionale?
Ed il Presidente Mattarella scioglierà il Parlamento, senza aver prima verificato l’esistenza di maggioranze diverse da quella che ha governato dal giugno 2018?
È ovvio che, prima di andare al voto anticipato, si verificheranno le alternative e l’unica possibile, numeri alla mano, sarebbe quella che prevede un accordo fra il PD ed i Grillini, nonostante siano molteplici le smentite, sia da una parte che dall’altra.
Una siffatta opzione avrebbe molti punti a favore, ma è chiaro che si costruisce lungo un percorso tortuoso e complesso.
Salvini sarebbe messo nell’angolino e non potrebbe contare sul voto anticipato per ampliare le sue truppe parlamentari.
Si costituirebbe, di fatto, un Governo con una maggioranza più gradita in Europa, visto che sia il PD, che i Grillini hanno sostenuto la nascita della nuova Commissione, offrendo così un univoco segnale politico contro le forze sovraniste ed, in primis, contro la Lega.
Ma, è chiaro che tale ipotesi può nascere solo attraverso un regolamento di conti all’interno del M5S, perché è ovvio che un ribaltamento della maggioranza può essere possibile solo se Di Maio viene messo in minoranza e si consolida la linea di Fico, da sempre contrario al dialogo con la Lega e favorevole, invece, alla costruzione di un rapporto più sistematico con il PD.
D’altronde, nonostante giochino ad essere avversari, la posizione di Salvini e quella di Di Maio si sono ormai saldate: come diceva lo scrittore latino, “simul stabunt, simul cadent”.
Ed il partito di Zingaretti, frattanto, cosa fa?
Forse, si consuma in un ozioso dibattito interno, che non potrà che esplodere solo quando Salvini deciderà di interrompere la vita del Governo Conte?
È ovvio che quello che abbiamo disegnato è solo uno degli scenari possibili, visto che quello più probabile, nonostante tutto, rimane il ritorno alle urne in caso di dimissioni di Conte in occasione del prossimo dibattito parlamentare per la nuova Legge Finanziaria, visto che nessuna forza vuole – certo – essere ritenuta responsabile dagli Italiani di una manovra che dovrà recuperare cinquanta miliardi di euro fra tagli di spese e maggior gettito fiscale.
L’autunno, quindi, cui andiamo incontro sarà molto caldo in termini politici: è in gioco non solo il cambio di una maggioranza parlamentare, ma la stessa tenuta finanziaria dello Stato che il sovranismo di questo o quel partito può solo mettere in serio e grave pericolo.