Digitalizzazione: un concetto, un percorso, un obiettivo che sta trovando sempre più spazio in questo mondo globalizzato. Un nuovo modo di vivere la società, che sta drasticamente riformulando le categorie di spazio e tempo. Insomma, una vera e propria rivoluzione, che vede protagonisti noi cittadini del Duemila, una rivoluzione denominata “silenziosa”, che sta stravolgendo abitudini radicate nei decenni, per non dire nei secoli.
L’Italia, come al solito, arriva sempre dopo gli altri ma nei prossimi giorni sarà possibile metterci al passo con gli standard europei: dal 31 Marzo, infatti, nessuna pubblica amministrazione potrà più pagare una fattura, una nota, una parcella, spendere un solo euro, a meno che non riceva una regolare fattura in formato elettronico. Il progetto è stato fortemente voluto dal premier Renzi e da Alessandra Poggiani, prima donna ad occupare la poltrona di presidente dell’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), ente istituito nel 2012 per promuovere la tecnologia a supporto della pubblica amministrazione.
Tecnicamente, funzionerà così: i fornitori della Pubblica Amministrazione, dovranno produrre un file in formato elettronico strutturato, firmato digitalmente, da conservare a norma in elettronico obbligatoriamente per 10 anni; le Pubbliche Amministrazioni, riceveranno un XML firmato da integrare nei sistemi contabili e da gestire con Workflow approvativi digitali, per poi portarlo in conservazione elettronica a norma per 10 anni. Usando parole un po’ più povere, ciò comporterà una serie di vantaggi: tutte le fatture che arriveranno alla Pubblica Amministrazione saranno automaticamente archiviate in un grande database e tutti i pagamenti effettuati saranno facilmente tracciabili. Gli oltre due milioni di fornitori piccoli e grandi – con cui gli enti pubblici hanno abitualmente a che fare – potranno conoscere lo stato dei pagamenti che li riguardano e gli importi spesi. Si potranno leggere nomi e cognomi dei soggetti che ricevono denaro pubblico. Si potrà – ad esempio – con pochi click, visualizzare le fatture con cui una Asl della Campania, piuttosto che dell’Emilia Romagna, ha acquistato una siringa usa e getta o capire quanto sia costato l’intervento di un idraulico in una scuola dell’entroterra siciliano.
Il progetto, in verità, è in vigore già dallo scorso giugno ma se fino ad ora aveva coinvolto esclusivamente i Ministeri, le Agenzie Fiscali, Inps, Inail e Forze dell’Ordine, dal prossimo 31 marzo abbraccerà anche Regioni, Province, Comuni, oltre che Università e Scuole Pubbliche, Asl, Camere di Commercio, ecc. Tutto ciò, oltre a notevoli vantaggi in termini di trasparenza e legalità, comporterà un consistente risparmio economico sui costi derivanti dall’utilizzo della carta: secondo le stime del politecnico di Milano, infatti, l’eliminazione della carta dal processo di fatturazione comporterà risparmi per le casse pubbliche di oltre un miliardo e cinquecento milioni di euro, che aumenterebbero a sei se la digitalizzazione venisse estesa a tutte le attività che fatturano sul territorio nazionale.
I vantaggi, come si evince, sono molteplici e variegati. La speranza, quindi, è che quest’obbligo di fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione, le molteplici novità normative che seguiranno a breve e il desiderio di ottimizzare ulteriormente i processi interni, finiscano col trovare preparate sempre più imprese fornitrici e sempre più pubbliche amministrazioni. Ma da ciò che emerge, il trend non sembra andare proprio in questa direzione: qualche mese fa, infatti, l’Agid ha pubblicato sul proprio sito la lista delle amministrazioni inadempienti, quelle cioè che nei termini previsti dalla normativa vigente non hanno inviato l’elenco delle proprie basi di dati e non hanno effettuato la registrazione sul sito dedicato a questo scopo.
I dati pubblicati sul sito dell’Agenzia fanno riferimento ai file presentati entro il 23 ottobre 2014: a quella data, hanno completato il processo di comunicazione dei dati richiesti oltre 15.100 amministrazioni; ne sono risultate inadempienti, invece, 10.320, numero tra l’altro sottostimato “perché relativo alle sole amministrazioni presenti nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni” – come affermato dalla stessa Poggiani. Tra queste figurano comuni, ospedali, scuole, università, enti e istituti. Alcuni esempi? Per il Lazio sono risultate inadempienti la Banca d’Italia e la Camera dei deputati (!); in Lombardia non hanno fatto i compiti a casa, tra gli altri, l’Azienda Lombarda Edilizia Residenziale Provincia di Bergamo, l’Istituto Regionale Lombardo di Formazione per l’Amministrazione Pubblica e finanche l’Università Commerciale “Luigi Bocconi” di Milano; vanno poi aggiunti l’Agenzia spaziale italiana, l’Invalsi, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Equitalia e finanche i ministeri degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, del Lavoro e delle Politiche Sociali, della Difesa e quello dello Sviluppo Economico.
Insomma, nomi altisonanti, che avrebbero dovuto dare l’esempio e tracciare la strada di questa nuova fase, ma che a quanto pare se la stanno prendendo molto comoda. Ma in fondo che italiani saremmo se non arrivassimo tardi…?