Ci sono ruoli che nell’immaginario collettivo restano saldamente legati ad un volto, ad una voce. Questo accade quando l’interprete riesce ad andare oltre il personaggio fino a diventare icona. Un artista capace di creare queste alchimie è sicuramente Pupella Maggio. Non si può far riferimento al ruolo di Concetta in “Natale in casa Cupiello” senza associarlo alla grande attrice napoletana. I gesti di Pupella, gli sguardi, il suo modo indaffarato di muoversi sulla scena resteranno per sempre legati al personaggio eduardiano. Nome d’arte di Giustina Maggio, Pupella nasce il 24 aprile del 1910. La mamma, Antonietta Gravante, ultima generazione di un’antica famiglia di artisti, conosce suo marito, Domenico Maggio, mandolinista cantante, quando il circo equestre di famiglia si accampa per qualche giorno a Napoli. I due, una volta sposati, formeranno un duo che all’epoca riscosse un discreto successo, arrivando ad esibirsi anche a Parigi alle Follies Bergère. Pupella deve il suo nome al primo ruolo interpreto a teatro. Ha solo due anni quando viene catapultata sulle tavole del palcoscenico nella commedia “La pupa movibile” di Eduardo Scarpetta, nella quale ricopre il ruolo di una bambola, appunto la pupa del titolo. Da allora per tutti fu per sempre Pupella. Il percorso artistico dell’attrice è stato abbastanza anomalo. Il grande successo e il riconoscimento nazionale arrivano solo in età avanzata, quando lega il suo nome a quello del grande Eduardo. Prima di quel fatidico incontro, Pupella era solo un’attrice comico-brillante, una caratterista. E’ stato Eduardo il primo ad intuirne le grandi potenzialità di attrice a tutto tondo. In un primo momento viene scritturata per “La Scarpettiana”, la compagnia che De Filippo dirigeva al teatro San Ferdinando di Napoli; successivamente fu poi convocata a Roma per entrare nella compagnia “Il teatro di Eduardo”.
Il primo ruolo che la Maggio interpreta al fianco del grande Maestro è proprio quello di Concetta in “Natale in casa Cupiello”, anche se all’epoca la commedia era un po’ diversa; il testo aveva toni decisamente più comici, ereditati dal teatro umoristico che qualche anno prima Eduardo portava in scena insieme al fratello Peppino. Eduardo aveva una grandissima stima per la Maggio, tant’è che era l’unica che poteva dargli del “tu” e che aveva la libertà di dare suggerimenti ed indicazioni sulla scena. Pupella amava raccontare che Eduardo, regalandole un bracciale d’oro realizzato a tre maglie, le disse che quella catena rappresentava lui, lei e il teatro. I venticinque anni di sodalizio artistico tra i due non furono privi di scontri, scontri che portarono a periodi più o meno lunghi di allontanamento. Durante uno di questi, Pupella ebbe l’occasione di misurarsi con un ruolo di grande forza come quello de “La madre” di Bertolt Brecht per la regia di Calenda. Tra i più grandi successi teatrali della Maggio c’è sicuramente “Filumena Marturano”. Per lei, in occasione del debutto, sono state scritte alcune delle critiche più belle che abbia mai ricevuto. Fu un successo personale senza precedenti. Raccolta la difficile eredità dell’indimenticata Titina, Pupella riuscì a fare suo quel ruolo regalando al personaggio nuove sfumature, nuovi colori.
Le critiche riportarono l’immagine di una Pupella in lacrime, mentre Eduardo sul proscenio pronunciava queste parole: “dopo la morte di Titina, Filumena aspettava un’altra attrice di questo cuore, di questa razza, di questo coraggio. Un’attrice umile come lei non l’ho mai vista!”. Dopo un nuovo periodo di allontanamento iniziato nel ’79, l’ultimo incontro con il proprio Maestro, Pupella lo ha a Taormina nel 1984, durante la famosa serata in cui Eduardo appare in video per l’ultima volta. In quell’occasione i due grandi artisti si ritrovano ed insieme fantasticano un nuovo ritorno sulle scene con “Natale in casa Cupiello”. Eduardo muore di lì a poco, ma i due grandi attori continuano ancora oggi ad essere Luca e Concetta, personaggi che ormai vivono di vita propria, attraverso le loro battute che sono entrate a far parte del nostro linguaggio quotidiano così come può accadere solo ai miti indiscussi ed intramontabili.